di Gabriele Gabbini

Cernusco sul Naviglio, 12 giugno 2013 - «Il ricorso non risulta fondato e, pertanto, deve essere respinto per insussistenza del requisito fumus boni iuris»: così si legge nella fumosa sentenza del Tribunale ordinario di Milano, sezione lavoro, in merito al ricorso fatto da Maria Bellini e Paolo Rocchi per chiedere ai giudici il permesso di curare il loro bambino, Giacomo (Jack per tutta Cernusco), affetto da tetraparesi spastica con grave ipotono: una malattia resa ancor più tremenda da un altrettanto grave problema polmonare che non gli permette di ingerire alcun liquido senza mettere a repentaglio la propria vita. «Solo le staminali possono salvarlo», la tesi portata avanti dalla difesa nell’udienza dello scorso venerdì, ma il giudice Nicola Greco, quattro giorni dopo, ha risposto picche, e per mamma Maria e papà Paolo è stato un altro colpo al cuore.

Ad aprile la prima domanda all’ospedale di Brescia per la cura attraverso cellule staminali, che avrebbero la capacità di rigenerare le parti lese del cervello; poi il primo rifiuto, «che ci aspettavamo - chiarisce papà Paolo -, dato che l’Aifa (Associazione italiana del farmaco, ndr) ha imposto un blocco per queste terapie agli ospedali di Brescia»; la scorsa settimana poi il ricorso d’urgenza davanti al giudice del lavoro e, ora, questo nuovo rifiuto che pesa come un macigno, soprattutto per le modalità con cui è arrivato: «Si tratta di un provvedimento estremamente criptico e fumoso - ammette l’avvocato che ha seguito questo primo ricorso, Serenella Ferrari -. Sostanzialmente la nostra richiesta è stata rigettata sulla base di una precedente ordinanza per un caso simile risalente al 13 maggio 2013 “il cui contenuto viene integralmente condiviso”, si legge nella sentenza, anche se a noi questo contenuto non è mai stato mostrato» e quindi, di fatto, resta ancora da chiarire l’esatto motivo di questo rifiuto.

«Sono furioso - grida tutta la sua rabbia il padre di Jack, Paolo - perché è difficile vedere così il mio bambino pur sapendo che una possibile soluzione sarebbe proprio qui, a un passo da noi. Giacomino potrebbe morire da un momento all’altro e io non posso fare nulla per aiutarlo, se non continuare a combattere insieme ai tanti genitori con problemi simili ai nostri». Il prossimo passo è «impugnare il provvedimento», spiega l’avvocato.