CHIARA ARCESI
Milano

Arturo Artom, 10 anni di Cenacolo milanese (con 1.550 ospiti): “Pistoletto era disperato, le cene dalla mitica Fiorenza Locatelli. Ora imparo dai giovani”

Intervista con l’ingegnere e imprenditore nel decennale del suo “salotto” culturale: “Uno spazio neutro in cui mondi diversi si uniscono”

Arturo Artom con la moglie, la scrittrice Alessandra Repini, alla Prima del Teatro alla Scala

Arturo Artom con la moglie, la scrittrice Alessandra Repini, alla Prima del Teatro alla Scala

Milano – “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. E’ con la sua energia vitale che Milano rievoca la filosofia del presidente Kennedy a colui che non contiene la voglia di dare quanto dalla città riceve. Di giorno è un ingegnere visionario e imprenditore di successo che ha cambiato il panorama delle telecomunicazioni in Italia, e di sera, da dieci anni ormai, fonde arte, scienza, impresa, cultura per un futuro migliore. E’ Arturo Artom, con il suo "Cenacolo Artom”, un’occasione di incontro tra persone e mondi diversi per generare nuove idee e amicizie. In occasione del decennale del suo Cenacolo si racconta tra ricordi e considerazioni. Uno spazio neutro in cui mondi diversi si uniscono, le persone si incontrano per raccontarsi cose belle, le più diverse, dando vita a nuove idee, progetti culturali e amicizie. Questo è il “Cenacolo Artom”.

Da dove nasce l’idea?

“Come tutte le cose belle della vita, per destino, coincidenza. Tutto risale a inizio febbraio 2015 quando era stato nominato a Milano il nuovo console generale degli Usa, Philippe Reeker. Da consulente strategico per le piccole e medie imprese italiane che conquistano i mercati esteri, mi è stato chiesto di organizzare un incontro per farlo conoscere agli imprenditori milanesi. Avevo appena terminato di leggere il libro di Giorgio Bocca che raccontava Milano come fucina di cultura, economia e descriveva, tra l’altro, la nascita de Il Giorno…così ho invitato imprenditori e persone della cultura, tra cui Mario Bellini, Davide Rampello, Mario Lavezzi organizzando una cena dalla mitica Fiorenza Locatelli, uno dei punti di riferimento milanesi. L’ambasciatore ha chiesto a tutti di raccontare le cose belle di cui si stavano occupando. Così tra la storia di Mario Bellini con la sua prima stampante Olivetti, di Mario Lavezzi quando componeva con Mogol nella sua casa di Porto Rotondo dove un gabbiano volava a filo d’acqua sul mare e della sua storia d’amore con Loredana Bertè, tutti sono rimasti molto contenti e, a furor di popolo, ne ho organizzato un secondo sull’imprenditoria femminile. Ho capito che mi divertiva, da qui l’idea del Cenacolo Artom per altri 10 anni. Entro quest’anno nel mio 60esimo e mi rendo conto che è la mia passione, sono diventato un collezionista di arte, impresa, scienza e cultura. Un modo per gli imprenditori di aprirsi al mondo. E poi pare che porti fortuna, Dave Monaco che ha vinto il Concorso Lirico Internazionale di Portofino è diventato uno dei tenori più importanti che ha debuttato alla Scala. Completamente in amicizia, hanno presenziato sinora 1.550 ospiti con aneddoti incredibili”.

Quale ricorda con piacere?

"Uno dei più belli nella residenza privata di Philippe in centro a Milano. Un aneddoto del destino, invece, è quello di Michelangelo Pistoletto e della sua prima mostra di specchi a Torino alla fine degli anni ’60. Gli promettono, raccontava, che sarebbe passato l’avvocato Agnelli, ma nessuno quel giorno compra nulla… Disperato rientra a tarda notte e parte per Parigi; alle 7 del mattino accosta con l’auto per riposare e al risveglio trova un biglietto che recita ‘Non so chi sia lei, io sono un gallerista dall’altra parte della strada…’. Da lì diventa il grande artista protagonista della corrente dell’arte povera che conosciamo”.

Come le pare Milano dal punto di vista culturale?

"E’ un momento d’oro, ricco di iniziative di ogni genere, anche in periferia. Un momento di grande attenzione. Quando a 34 anni sono venuto a viverci, dopo qualche mese ho percepito passeggiando lungo il corso Vittorio Emanuele un grande motore, elettrico non diesel…che raccoglie energia e la fa girare! Questa è Milano, è inspiegabile. Dà molto e porta a restituire altrettanto”.

Spunti di miglioramento?

“Forse Milano potrebbe ambire a diventare ancora più internazionale. Ci sono molti stranieri e sarebbe uno stimolo vedere più momenti in cui si parla inglese”.

Come sarà Milano dal punto di vista dell’architettura e quale il modello di sviluppo?

“Da ingegnere quando arrivai a Milano, fui colpito da una città completamente disomogenea; palazzi, tetti, elementi architettonici diversi, che tutti insieme però costituiscono un miracolo per cui la definisci bellissima e condita da un’energia, un’aura che non permette di vedere più il singolo elemento. Questa contaminazione va mantenuta; i piani regolatori non devono andare contro l’essenza di Milano. Penso si debba continuare la strada di riqualificazione dell’esistente senza aumentare il costruito, mantenendo l’essenza della città”.

I prezzi delle case sono inaccessibili. Cosa ne pensa?

"E’ sempre stato il problema di Milano e lo sarà sempre. Quando è così attrattiva... purtroppo è la legge della domanda e dell’offerta. Devono essere aumentati gli studentati per i giovani, mixando le dinamiche di mercato con quelle dei ragazzi che vogliono viverci. Una serie di cose sono state fatte, ma molto è da fare ancora”.

Nei suoi cenacoli persone come modelli cui ispirarsi per un futuro migliore. Futuro, quindi, giovani. Come investire su di loro?

"Saranno i giovani che ci guideranno nel mondo. Il Novecento è stato il secolo del ‘mentoring’, in cui il giovane imparava dall’anziano esperto. Questo secolo è quello del ‘reverse mentoring’. Insieme a Matteo Stefanini, per coincidenza chiacchierando durante una delle nostre serate versiliane, abbiamo pensato agli ‘Artom Talks’: venti ventenni non già affermati sul palco. Stiamo selezionando giovani di tutte le esperienze più varie, chi ha avviato una start-up, un pescatore, uno studente dell’Accademia di Brera, che abbiano qualcosa da dire al mondo. Spero di lasciare il segno e che saranno loro a fornire agli adulti buone idee e un quid in più per capire questo mondo che ci sta cambiando”.