Milano, 26 agosto 2011 - Qualcuno lo chiama già il «bunga bunga» di sinistra, scomodando la definizione di Silvio Berlusconi: «Bunga bunga, cioè fare festa, divertirsi». E Filippo Penati, assieme ai suoi uomini, si sarebbe divertito parecchio, fra i ristoranti di lusso e i night club dell’Europa dell’Est. Il tutto a spese dell’imprenditore Piero Di Caterina che, scrive il gip di Monza, Anna Magelli, utilizzava denaro «per pagare i conti di tante serate e nottate passate in Svizzera». Siamo agli inizi del 2002 e la dolce vita va avanti per anni, fino al 2007. Il gip ha tuttavia respinto la richiesta di arresto per Penati e il suo braccio destro, Giordano Vimercati, relativamente al presunto giro di tangenti sulle aree ex Falck ed ex Marelli di Sesto San Giovanni.


Penati intanto canta vittoria: «Si sgretola e va in pezzi la credibilità dei miei accusatori. Adesso anche il gip ne ha riconosciuto la inattendibilità, smentendoli. Continuo a ribadire la mia totale estraneità ai fatti che mi sono addebitati. Più passa il tempo e più appare chiaro che le dichiarazioni dei miei accusatori sono false». In realtà, il gip ha negato alla Procura l’arresto di Penati e Vimercati. Ma lo ha fatto con parole che pesano come un macigno sulla loro testa: «Che Penati - si legge nell’ordinanza - abbia chiesto a Pasini (Giuseppe, ex proprietario delle aree Falck, ndr), il pagamento di una tangente di 20 miliardi di lire è circostanza che emerge da plurime dichiarazioni convergenti. L’esame degli elementi emersi consente di ritenere la sussistenza di gravissimi indizi di colpevolezza a carico di Penati e di Vimercati, quali richiedenti il pagamento della tangente Falck».

 

Non si tratta però di concussione, bensì di corruzione per fatti che risalgono al 2001-2002 e che, di conseguenza, vanno considerati prescritti. Quello che in questa fase non si può provare, invece, è il finanziamento illecito al Pd. Secondo il giudice «gli imprenditori Di Caterina e Pasini, quando hanno pagato le somme di denaro richieste loro da Penati, hanno al più supposto e ipotizzato che almeno parte delle stesse potessero confluire al partito ma da loro non è poi arrivata alcuna dichiarazione sufficientemente precisa e circostanziata né alcuna acquisizione documentale».

 

C’è comunque il pagamento della somma di 2 milioni di euro, elemento che però, ritiene il gip, «non è sufficiente a far ritenere che quei soldi siano confluiti nelle casse del Pd». Disarmante, su questo punto, la chiosa di Di Caterina: «L’inchiesta è lunga. I magistrati hanno davanti mesi di duro lavoro. Sono sicuro che darà ottimi risultati». Arresti e prescrizioni a parte, emerge uno spaccato devastante del «sistema Sesto» e dei suoi protagonisti. Lo scrive sempre il gip, parlando di «corruzione che ha contraddistinto per lungo tempo la gestione della cosa pubblica da parte di alcuni amministratori».


Nel 2002 Penati lascia Sesto e nel 2004 viene eletto presidente della Provincia. Sono gli anni della bella vita. Ma chi prende parte ai festini pagati da Di Caterina? Anche questo si legge nell’ordinanza del gip, secondo il racconto dell’imprenditore: oltre a Penati e Vimercati, ci sono Antonino Princiotta (ex segretario generale della Provincia) e Franco Maggi, storico portavoce di Penati. «Avevamo fatto viaggi in Ucraina, Romania, Russia, Lituania. A loro - precisa Di Caterina - pagavo soggiorno, ristoranti, locali notturni e necessità varie».

 

E poi quelle «serate e nottate passate in Svizzera». Il titolare di Caronte precisa anche la frequenza: «All’inizio anche una serata ogni tre giorni. Poi, negli ultimi anni fino al 2007, un po’ meno, una volta al mese». Quanto costavano? «Tanto, anche 600-700 euro a volta». La cifra sborsata dall’imprenditore, a tutto vantaggio della bella vita di politici e funzionari, è spaventosa. E Di Caterina oggi commenta: «Ne avrei fatto volentieri a meno. Ma questo era il prezzo da pagare per stare dentro quel sistema che oggi, per fortuna, sta saltando per aria».