Milano, 3 novembre 2013 - Tre morti a Quarto Oggiaro e un principale sospettato nel mirino della Mobile. Accanto a lui, altri due uomini, figure più marginali, fra le venti persone sentite in queste ore. Il pregiudicato messo sotto torchio in questura, e già da tempo sottoposto a provvedimento di sorveglianza speciale, è quello fortemente indicato da più fonti confidenziali come il presunto responsabile dell’omicidio di Emanuele Tatone, di suo fratello Pasquale e dell’autista Paolo Simone. Un ex detenuto palermitano contro cui pesa soprattutto il racconto di due testimoni-chiave che mercoledì sera avrebbero assistito agli istanti prima e a quelli subito successivi all’agguato a Pasquale Tatone. Si tratta di due persone che si trovavano davanti alla pizzeria «Rim» di via Pascarella, le stesse che erano in compagnia di Pasquale prima, che poi erano salite a bordo della sua Fiesta blu per ripararsi dalla pioggia e si erano allontanate dall’auto solo a pochi istanti dall’omicidio.

Pronti a giurare di aver visto in azione un uomo descritto come claudicante la sera dell’omicidio, sono anche gli ambienti più vicini alla famiglia Tatone. I fratelli erano in affari, per ragioni di controllo del territorio e spaccio, con il presunto assassino. I rapporti sarebbero arrivati alla rottura anche per il ruolo che i Tatone, ormai ai margini, ancora pretendevano di rivendicare sul quartiere. Il profilo del sospettato: cinquant’anni e una carriera criminale iniziata sulla strada, diventato grande fra i boss che tenevano sotto scacco le periferie milanesi degli anni ’90. I Crisafulli, su tutti. Finì in manette nel ’94, incastrato nella maxi operazione «Terra Bruciata». Ora, date per acquisite informazioni e testimonianze, gli investigatori della Mobile, coordinati dal procuratore aggiunto Alberto Nobili, cercano riscontri e prove che lo incastrino. Per il momento, però, non c’è nulla che consenta la svolta definitiva. Non le immagini delle telecamere, tante ma «ininfluenti», dicono gli inquirenti. Non i tabulati telefonici. In entrambi gli omicidi, sulla scena del crimine sono stati ritrovati i cellulari. La comparazione incrociata delle telefonate ha rilevato «conversazioni interessanti» per le indagini, ma non ha risolto il rebus. All’appello mancano ancora i risultati degli esami biologici e del dna. Se nell’agguato di mercoledì notte il killer non ha contaminato la scena del delitto perché ha sparato a distanza, domenica, nell’uccisione di Emanuele e del suo compare Simone, le tracce lasciate sarebbero parecchie. Si tratta di rimettere insieme il puzzle degli indizi. L’autopsia eseguita sul corpo di Pasquale Tatone conferma intanto che è stato raggiunto da tre colpi, tutti mortali, sparati da un fucile a canne mozze. Un proiettile ha colpito la spalla sinistra, un secondo si è conficcato più in basso e un terzo ha ferito il collo, sempre sul lato sinistro.

di Anna Giorgi e Agnese Pini