Milano, 2 marzo 2014 - “Milano ha acceso la mia creatività”. Lo racconta l’attore Paolo Calabresi, in questi giorni impegnato al Teatro Carcano in “Nuda proprietà” con Lella Costa (fino al 16 marzo).

Nel senso che le ha fatto scoprire se stesso?
Sì, mi rivedo ancora a 22 anni quando fui ammesso alla scuola del Piccolo Teatro. Era il 1987, venivo da Roma e non ero neanche sicuro che avrei voluto fare l’attore. Invece da quel primo giorno in città, cominciò il mio lento processo di trasformazione e di crescita. Mi resi conto di vivere in un posto permeato da una cultura profonda e vivace. La cultura delle grandi famiglie degli Hoepli e dei Feltrinelli, quella che ti agganciava al resto d’Europa.E poi c’era Strehler che mi ha aiutato a migliorare il rapporto con il mio corpo.

In che modo?
Mi spingeva a valorizzare quelli che io, forse, consideravo i miei difetti. Per esempio l’altezza. Sono alto 1,90 e cercavo di attenuare questa misura incurvandomi. Lui, invece, mi diceva di stare dritto, di prendermi il mio spazio, di usare anche le mie braccia lunghe e le mie mani grandi. Mi ha insegnato a essere completamente rilassato e presente e mi ha fatto innamorare del mestiere dell’attore trasmettendomi il concetto che si tratta di un gioco, ma concepito come lo fanno i bambini, in modo molto serio. Ecco posso dire che a Milano sono maturato, ma mi sono sempre sentito protetto. Anche la via che percorrevo per andare a scuola sembrava volesse abbracciarmi.

E’ ancora la via milanese che preferisce?
Sì, è via dell’Annunciata. Lì avevo trovato un piccolo appartamento che condividevo con altri studenti. E’ una strada stretta, con bei palazzi dai cortili interni molto curati. Percorrendola ogni mattina, avevo la sensazione che mi avvolgesse in un abbraccio per portarmi a scuola che era poco distante. E’ una via elegante, ma in passato era abbastanza popolare. Ho sempre avuto l’impressione che la via attuale fosse stata costruita su una più antica, una sovrapposta all’altra. Poi amo molto via Rovello, la strada del vecchio Piccolo. So che lì una volta i nazifascisti avevano fissato un loro quartier generale in cui torturavo i prigionieri. Vivevo il senso di storia di questi palazzi come luogo di dolore, che poi erano stati messi a disposizione di tutti trasformandoli in un teatro.

Altre zone di Milano che frequentava?
Piazza della Conciliazione e via Alberto da Giussano, con le loro belle palazzine liberty. A Milano ho vissuto per dieci anni e venivo in questa zona perché mi ricordava il quartiere Prati di Roma, almeno qualche volta mi sembrava di tornare nella capitale.

E Milano le ha ispirato anche le sue burle che le hanno dato notorietà?
Milano mi ha dato coraggio, spingendomi a tirare fuori quello in cui credevo e a metterlo in pratica con serietà e preparazione. Il primo personaggio che ho imitato è stato Nicolas Cage nel 2000. Riuscii a farmi invitare a San Siro durante una partita del Milan e l’ufficio stampa della squadra mi fece sedere addirittura accanto ad Adriano Galliani che poi mi regalò la maglia rosso nera. Poi “Striscia” rivelò la burla. Da allora per circa cinque anni ho interpretato i personaggi più incredibili. Come John Turturro per cui rimediai un invito ai David di Donatello, oppure nelle vesti di un cardinale fui ospite d’onore a un concerto di Gigi D’Alessio. Poi arrivò la chiamata di Mentana a “Matrix” e infine sono finito nella squadra delle “Iene”. Tra l’altro come “iena” ho fatto uno scherzo a Fabrizio Corona, ambientato proprio al Piccolo Teatro e facendogli credere che stava facendo un provino per interpretare l’antagonista nel nuovo film di James Bond.

Ora però è a teatro nella nostra città con “Nuda proprietà”.
E’ un bel testo che esplora il rapporto con la malattia e l’autenticità dei sentimenti. Questo lavoro è uno sprone per imparare a vivere nel presente, dandogli importanza e investendo nelle azioni che si fanno ogni giorno.

I suoi nuovi film sullo schermo?
“Smetto quando voglio” di Sydney Sibilia. Mentre reciterò accanto ad Ambra nella pellicola “Ti ricordi di me” diretta da Rolando RavelloPAOLO CALABRESI.

Insomma Milano per lei è?
Una città molto divertente e piena di vita. E soprattutto Milano è di più di quello che vedi, qui l’evoluzione è all’ordine del giorno.

di Massimiliano Chiavarone

mchiavarone@yahoo.it