Milano, 1 maggio 2014 - Quello striscione resterà ancora fuori dallo stadio: «Richiama lo scontro fisico tra tifosi di opposte fazioni». La Curva Sud se ne deve fare una ragione, almeno per adesso: il simbolo del «milanismo», presente da una decina d’anni al Meazza in diverse salse, non ha diritto di cittadinanza sugli spalti. A pochi giorni dal derby della Madonnina, arriva l’ordinanza del Tribunale amministrativo che avalla (momentaneamente) la decisione della Questura di vietare in via definitiva una serie di vessilli nelle partite casalinghe della formazione rossonera. Respinto il ricorso presentato da Giovanni Carlo Capelli, meglio noto come «Barone», storico capo degli ultras. Mettiamo in ordine i fatti. Lo scorso 18 gennaio, via Fatebenefratelli emana un provvedimento ad hoc, ispirato alle regole dettate nel 2007 dall’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, per impedire l’ingresso a San Siro «di immagini e scritte che incitino potenzialmente alla violenza»: nell’elenco finisce pure lo striscione nero con la scritta bianca «Estremi rimedi» e l’immagine di un ragazzo col volto coperto da un foulard. Alla decisione, per chi non lo ricordi, seguono a stretto giro tre giornate di sciopero del tifo da parte dei gruppi organizzati del Diavolo, in occasione dei due match di Serie A contro Inter e Atalanta e in quello di Coppa Italia contro lo Spezia. Poi gli ultras passano alle vie legali, come hanno fatto recentemente pure per opporsi ai numerosi Daspo piovuti sul secondo anello blu.
E in campo scende proprio il «Barone»: «Non è giusto — attacca ora Capelli — è come la storia delle squalifiche per la discriminazione territoriale...». Vale a dire le sanzioni comminate alle curve di mezza Italia (l’ultima quella dei cugini nerazzurri per i prossimi due turni di campionato) per i cori anti-napoletani. «Gli striscioni nel mirino — prosegue — li usiamo da una vita: perché proprio adesso decidono di bloccarli?». La risposta arriva dal Tar: «L’immagine dell’incappucciato — precisano i giudici — evoca autori di gravi illeciti, non infrequentemente sfocianti in reati anche gravi». Non basta: «La scritta “Estremi rimedi” (che accompagna sempre l’effigie bianca, ndr) appare plausibilmente richiamare del pari lo scontro fisico tra tifosi di opposte fazioni». Conclusione: stop confermato. Anche perché, chiosano da via Corridoni, «sembra carente il requisito del periculum, non essendo prefigurabile, in pregiudizio del ricorrente, un danno grave e irreparabile». Quindi, nessuna sospensione della misura, come si aspettavano del resto i vertici della Sud. Che però non si arrendono, anzi: «Non possiamo accettare l’ennesima limitazione della libertà», chiosa Capelli. Ora si attende l’udienza di merito.
di Nicola Palma
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