La prima segnalazione è datata 30 maggio scorso: "Da inventari svolti regolarmente, ci siamo accorti che sistematicamente e negli ultimi due mesi con frequenza settimanale ci sono ammanchi di prodotti". Più che prodotti, prototipi in lavorazione, "quindi non ancora in vendita". A parlare è il responsabile della sicurezza del quartier generale di Prada in via Bergamo 21: elenca i capi spariti dagli studi di progettazione e fa sapere ai carabinieri della stazione Moscova che alcuni dei vestiti sono ricomparsi sulla piattaforma di e-commerce Vinted con tanto di codice identificativo. Nelle settimane successive, arrivano altre denunce a integrazione della prima, per riferire che sono scomparse nel nulla giacche di pelle marca Miu Miu e capi Prada.
Il valore del bottino cresce giorno dopo giorno, fino a sfiorare una stima di 300mila euro. Scattano le indagini dei militari coordinati dal maresciallo Giuseppe Palumbo, ma nel frattempo, il 6 luglio, il corporate security manager della celebre casa di alta moda informa gli investigatori che il giorno prima una telecamera ha ripreso un’addetta alle pulizie di una ditta esterna che rubava una maglia di jersey cotone griffata Miu Miu. Di più: sempre su Vinted sono comparsi altri tre capi, due magliette bianche e una canottiera.
I colpi vanno avanti pure nei giorni successivi, con le stesse modalità e di nuovo a favor di occhi elettronici. Gli accertamenti dei carabinieri portano a una sessantaduenne albanese, che nelle ultime ore è stata denunciata; nei guai per riciclaggio pure due familiari, la figlia e la nuora della presunta autrice materiale. Nel corso delle perquisizioni, i militari hanno recuperato 23 capi di abbigliamento. Nicola Palma