MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Quarant’anni di Exodus: dall’Aids ai disagi psichici: "Società senza radici e sempre più fragile"

Nel 1984 l’inizio della missione al Parco Lambro, poi le “carovane“ Oggi oltre 40 centri in Italia, migliaia di ragazzi aiutati a risollevarsi Don Antonio Mazzi: "Obiettivo arrivare sempre prima". Messa in suo onore

Siringhe al Parco Lambro, quando nel 1984 era “supermercato“ della droga

Siringhe al Parco Lambro, quando nel 1984 era “supermercato“ della droga

Milano - Il tronco di un albero pieno di siringhe conficcate, come un corpo trafitto. Lo scatto del 1984 è diventato un simbolo: al Parco Lambro, allora, il pellegrinaggio dei “fantasmi“ a caccia di dosi di eroina non aveva mai fine. Il polmone verde a est della città era uno dei regni dello spaccio che alimentava la tossicodipendenza, piaga visibile su migliaia di volti di giovanissimi e non, scavati dall’Aids. E le famiglie si tenevano alla larga da quel luogo. Finché don Antonio Mazzi non decise di mettersi d’impegno per risanarlo, con il supporto delle forze dell’ordine, dei cittadini e anche di chi, finito nel tunnel della droga, desiderava uscirne. Fu l’inizio di “Exodus“, la fondazione che ora compie 40 anni e che dalla sede storica, Cascina Molino Torrette, al Parco Lambro, si è estesa in oltre 40 strutture in tutta Italia, accogliendo giovani che vivono situazioni di disagio.

Nel 1984 "il Parco Lambro (era) pieno di droga, via Pusiano giorno e notte – ha ricordato don Mazzi nel libro “Parco Lambro“ (Longanesi) – intasata di ragazzi e ragazze, alcuni anche con volti angelici, che si facevano; irruzioni della polizia a tutte le ore. La notte leggevo fino a tardi perché non riuscivo a dormire. Sotto la finestra, liti, bestemmie, ragazzini che venivano imbrogliati. Una notte ho visto due giovanissimi sposi estrarre dalle mutandine del loro neonato le dosi da barattare. Quella notte è nato Exodus". Prima un progetto che si concretizzò come esperienza di viaggio, con le comunità itineranti prima (le “carovane”) e con quelle residenziali successivamente, nate per ospitare giovani con problemi di tossicodipendenza. Ora la missione, dopo 40 anni, continua.

"Il Parco Lambro è risanato ma la droga è ancora una trappola per molti giovani – commenta don Mazzi –. Non c’è più solo l’eroina ma molte più sostanze. E non c’è solo la droga, in un contesto sociale più complesso, soprattutto dopo la pandemia. Noto un aumento di problemi a livello psichiatrico, che toccano gli adolescenti". L’obiettivo resta lo stesso: "Riuscire ad “arrivare prima”, prima che i ragazzi manifestino segnali di disagio. Dobbiamo metterci attorno a un tavolo, pensare a soluzioni condivise a livello regionale".

Quattro sono le aree di intervento di Exodus: l’accoglienza, la prevenzione, i progetti internazionali e il reinserimento lavorativo. Oltre a gestire case di accoglienza e comunità, centri di ascolto e giovanili, Exodus coinvolge migliaia di ragazzi in attività di contrasto alla povertà educativa in scuole, oratori e altri luoghi. In più promuove progetti in Paesi del Sud del mondo. Ieri, via ai festeggiamenti per l’anniversario con una messa (giorno di Sant’Antonio, onomastico di don Mazzi) alla Basilica di Sant’Ambrogio celebrata da monsignor Carlo Faccendini. "A novembre – conclude il sacerdote – organizzeremo anche una manifestazione aperta a tutta la città". Intanto la sua creatura, a 40 anni, continua a correre.