Sono più di 70 gli ultras identificati per gli scontri del primo giugno al Rigamonti di Brescia, sul finire della partita col Cosenza costata ai padroni di casa la retrocessione in Lega Pro e interrotta prima dello scadere proprio per l’esplosione della violenza. Settanta tifosi che con ogni probabilità saranno destinatari di altrettanti Daspo da parte della Questura. Presto all’elenco potrebbero aggiungersi altri nomi, grazie all’analisi dei filmati registrati da telecamere e smartphone. In contemporanea prosegue anche l’attività della Procura, che indaga per devastazione, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni: il sospetto è che i disordini fossero stati organizzati in precedenza. Nell’immediatezza erano stati arrestati – ai domiciliari – quattro esponenti del tifo organizzato, ritenuti responsabili dell’invasione di campo a gara in corso.
Davanti al gip, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ma il giudice, pur convalidando i provvedimenti, ha deciso di concedere il divieto di dimora a Brescia per i tre residenti nell’hinterland e l’obbligo di firma per il quarto di casa in città. Non si escludono altre misure cautelari. Quella sera non si sono viste solo irruzioni in campo – con fuggi fuggi negli spogliatoi dei giocatori terrorizzati – bensì una vera e propria guerriglia urbana,con lancio di molotov, un’auto incendiata, botte e sprangate. Le forze dell’ordine in tenuta antisommossa si sono trovate a dover caricare ripetutamente un’orda di ultrà inferociti, che nel parcheggio premevano per sfondare il cordone di sicurezza e che a un certo punto si sono pure sposati dal lato opposto dello stadio per intercettare la tifoseria avversaria. Il caos e la violenza si sono estesi al quartiere di Mompiano, dove si sono viste vetrine infrante. Solo tra le forze dell’ordine e gli addetti alla sicurezza ci sono stati dieci feriti.
Beatrice Raspa