ANDREA GIANNI
Cronaca

Fausto e Iaio, la verità impossibile. Familiari e amici: “Le prove sparite? Non ci arrendiamo”

Milano, l’associazione di amici e familiari dei due giovani militanti uccisi 46 anni fa: “Delusi e amareggiati, ora sia fatta luce sulle responsabilità”

Lorenzo "Iaio" Iannucci e Fausto Tinelli (Archivio)

Lorenzo "Iaio" Iannucci e Fausto Tinelli (Archivio)

Il ricordo torna all’ultima estate trascorsa sulle montagne della Presolana, quando Lorenzo “Iaio“ Iannucci trovò un cagnolino abbandonato, poi affidato a una persona del posto perché la comitiva di amici non poteva portarlo a Milano. Un cagnolino, chiamato Free, che dopo l’assassinio del 18enne e del coetaneo Fausto Tinelli è scomparso. "Iaio, come tutti noi, amava la musica – racconta un amico, Giovanni Tagliavini – e gli avevo prestato anche qualche cassetta, mi sembra di Jimi Hendrix e dei Rolling Stone. Ci incontravamo al Leoncavallo, alle manifestazioni che in quegli anni erano frequentissime". Anche Ivano Vallese, marito della sorella di Iaio, Maria Iannucci, frequentava lo stesso giro di giovani legati dalla passione politica. Alle scuole elementari è stato compagno di classe di Fausto, bambini e poi adolescenti cresciuti nello stesso quartiere di Milano.

Approfondisci:

Fausto e Iaio, scomparsi gli 8 proiettili del duplice omicidio e il berretto di lana blu: impossibile riaprire il caso

Fausto e Iaio, scomparsi gli 8 proiettili del duplice omicidio e il berretto di lana blu: impossibile riaprire il caso

Gli amici e i familiari delle vittime, fondatori dell’associazione che ogni anno promuove la commemorazione "per non dimenticare" i due 18enni ammazzati a colpi di pistola il 18 marzo del 1978 nei pressi del Leoncavallo, avevano accolto con speranza l’apertura, anche a seguito delle istanze provenienti dal Consiglio comunale, del fascicolo conoscitivo da parte della Procura di Milano, primo passo verso nuove indagini sul delitto rimasto irrisolto.

Speranza di arrivare a una verità, dopo quasi mezzo secolo, che ora potrebbe essere spenta dalla scomparsa dei reperti, tra cui gli otto proiettili calibro 7.65 che furono esplosi da una Beretta 34 in via Mancinelli. "Siamo delusi e amareggiati – spiega Ivano Vallese, presidente dell’associazione – perché quei reperti, esaminati con metodologie moderne, potrebbero essere determinanti. Chiediamo che venga fatta luce sulle responsabilità per la scomparsa. Noi non ci arrendiamo e anche i magistrati non devono arrendersi, bisogna indagare per arrivare a chi ha ucciso Fausto e Iaio".

AGENZIA_FOTOGRAMMA_FGR4037883
Manifestazione dei militanti del centro sociale Leoncavallo per l'uccisione dei due compagni

Giovanni Tagliavini, tra i promotori dell’associazione, spera che le parole di un testimone o di un collaboratore di giustizia (finora mai emerso), possano offrire in futuro quei nuovi spunti necessari per dare impulso alle indagini su un agguato maturato nella "destra eversiva", come ha riconosciuto l’allora gip Clementina Forleo nel provvedimento con cui nel 2000 archiviò l’inchiesta. Solo che i "significativi elementi a carico degli indagati" dell’epoca, tra cui Massimo Carminati, sono rimasti indizi senza diventare prove in grado di reggere in un processo sul duplice omicidio avvenuto in un’Italia sotto choc per il rapimento del presidente della Dc Aldo Moro.

Una rabbia che traspare dalla nota dell’associazione: "Pensiamo che sotto queste sparizioni di reperti, iniziate sin dai primi giorni dopo la morte di Fausto e Iaio, ci sia la volontà di proteggere gli assassini e i mandanti. Auspichiamo che i magistrati incaricati possano trovare qualche altro spunto per arrivare a una verità giudiziaria. Da parte nostra rimane fermo l’impegno della memoria, che è ormai storia, e la ricerca di quella verità e giustizia che dobbiamo a Fausto e Iaio". Esprimono inoltre sostegno alla proposta, presentata dall’ex magistrato Guido Salvini (che negli anni ’90 si occupò delle indagini sul delitto di via Mancinelli) e dal criminologo Alberto Miatello, di una legge che preveda la conservazione obbligatoria dei reperti relativi a stragi e omicidi.

Una "amarezza" condivisa anche da Rosario Pantaleo e Luca Bernardo, rispettivamente presidente e vicepresidente della Commissione Antimafia di Palazzo Marino, che da diverse aree politiche si sono spesi per la riapertura dell’inchiesta. "Non è chiaro se quanto è emerso sia la pietra tombale per la riapertura delle indagini – spiegano – ma se così fosse, riprendendo le parole di Giovanni Falcone dopo il fallito attentato all’Addaura, bisogna immaginare il lavoro di “menti raffinatissime“ arrivate ad eliminare elementi importanti per un caso che mantiene intatti troppi lati oscuri. Nonostante tutte le evidenze, crediamo che forse da una nuova lettura delle carte delle indagini possa venire alla luce quello che viene atteso da oltre 46 anni".