Ieri è stato il giorno del primo colloquio di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano con il suo legale Alfredo De Francesco, che, al termine dell’incontro avvenuto all’interno del carcere di Opera ha rilasciato qualche scarna dichiarazione: “É sempre più incredulo - ha detto il legale - per le accuse mosse dagli Usa nei suoi confronti, non ha motivi per lamentarsi della detenzione ed è preoccupato per la famiglia, in particolare per il figlio che non è ancora riuscito a sentire", Abedini ha chiesto l’autorizzazione per sentirsi nuovamente per telefono con la moglie ed è stato messo al corrente dal difensore del parere negativo espresso dalla Procura Generale sulla richiesta che ara stata avanzata di uscire dal carcere ed andare di domiciliari.
"Gli ho spiegato che era prevedibile - ha detto ancora l’avvocato - ma che a decidere saranno i giudici e poi ci siamo concentrati sullo studio di alcuni documenti. Sono fiducioso - ha concluso - che possano concedergli i domiciliari". A negarli era stata il capo della procura generale Francesca Nanni che ha motivato il suo "no" anche sulla base della distanza di circa tre chilometri tra il Consolato e l’appartamento di proprietà della rappresentanza diplomatica. Una lontananza che non contribuirebbe a escludere il pericolo di fuga, attualmente il pericolo considerato “più urgente“ da schivare. La Procura Generale, nell’udienza del 15 gennaio, ha la possibilità di cambiare idea. E il ministro della Giustizia Carlo Nordio può revocare la misura cautelare in carcere in qualsiasi momento, ma la scelta se applicare i domiciliari o altre misure spetterebbe comunque alla magistratura. In attesa della udoenza già fissata per il 15, il legale spiega il contesto in cui l’ingegnere iraniano ha manifestato la volontà di pregare anche per Cecilia Sala, la reporter detenuta in Iran.
"Il mio assistito ha detto che si è visto più volte in tv ma non capiva perché. Poi, alcuni detenuti gli hanno chiesto se fosse lui la “persona famosa“ che vedevano in tv. Allora gli ho spiegato chi fosse quella persona che veniva accostata sempre a lui nelle immagini e che è una giornalista in carcere in Iran. Lui ha capito inizialmente che era un uomo, quando ho chiarito che si trattava di una donna, si è incupito ancora di più e mi ha chiesto di scrivere il suo nome su un foglio di carta perché avrebbe pregato per lei". I giudici che dovranno decidere sulla concessione dei domiciliari hanno ricevuto un documento in cui gli Usa scrivono che Mohammad Abedini Najafabadi, “èestremamente pericoloso e non va scarcerato". Anna Giorgi