Milano – Accertamenti irripetibili eseguiti dai periti per individuare le impronte su una serie di confezioni di detersivi, come ammoniaca, candeggina e sapone liquido di Marsiglia, su una confezione di guanti in lattice e su alcuni rotoli di sacchetti di plastica, repertati durante il sopralluogo nell’abitazione di Senago, dove Alessandro Impagnatiello, la sera del 27 maggio scorso, ha ucciso a coltellate Giulia Tramontano, la sua fidanzata al settimo mese di gravidanza. E accertamenti, invece, ripetibili sui pc, sui cellulari della vittima e su quelli dell’assassino per fare luce sui messaggi che i due si sono scambiati negli ultimi mesi.
Saranno eseguite le copie forensi dei device: un altro passaggio importante nell’inchiesta, condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Milano e della Compagnia di Rho e coordinata dall’aggiunto Letizia Mannella e dal pm Alessia Menegazzo, che il primo giugno ha portato in carcere il barman. L’assassino ha confessato, riempiendo i verbali, però, di una serie di incongruenze, e ha fatto ritrovare il corpo, nascosto vicino a dei box poco lontano dall’abitazione, dopo 4 giorni. Le analisi che completeranno il quadro della dinamica si terranno nel laboratori della sezione "Investigazioni scientifiche" dei carabinieri e riguardano tutto quanto usato dal barman che ha ucciso la compagna e il figlio Thiago per pulire l’appartamento e sbarazzarsi del cadavere della giovane donna.
Le analisi riguarderanno anche i lembi di cellophane con cui Impagnatiello avrebbe avvolto il corpo perché sulla plastica potrebbero esserci rimaste delle impronte di qualcuno, oltre alle sue, nell’ipotesi che sia stato aiutato a nascondere il corpo. Ipotesi, questa, su cui al momento non ci sono elementi concreti. La famiglia della giovane, rappresentata dall’avvocato Giovanni Cacciapuoti, non ha nominato un consulente, si è affidato alla competenza tecnica degli investigatori. Gli esami autoptici (il deposito delle relazioni nelle prossime settimane) dovranno chiarire anche se a Giulia siano state fatte assumere sostanze, come il veleno per topi trovato nello zaino del fidanzato, che potrebbe aver causato danni al feto.
Mentre continuano le ricerche del telefono di Giulia, visionando decine di telecamere gli investigatori stanno ricostruendo tutti i movimenti del 30enne prima e dopo il femminicidio. Lui dice di averlo gettato in un tombino, ma nel luogo indicato non è stato ritrovato alcun cellulare.