
L’ex presidente di Fnm Norberto Achille.
MILANO – "La partecipazione pubblica di maggioranza" non può considerarsi "evenienza idonea a qualificare di interesse pubblico l’attività svolta dalla holding Fnm" né può giustificare l’assunto che la società svolga "attività pubblica mediata in quanto controllante del capitale di società del gruppo che gestiscono servizi pubblici". È la motivazione, mutuata dalla sentenza penale di secondo grado, che ha spinto i giudici della seconda sezione centrale d’appello della Corte dei Conti ad annullare la condanna a risarcire 491mila euro alla Regione comminata un anno fa all’ex presidente di Fnm Norberto Achille.
Di conseguenza, il settantanovenne di Carate Brianza non dovrà ripagare il presunto danno d’immagine generato da quasi mezzo milione di euro di spese "pazze" accumulate in sette dei diciassette anni passati alla guida di Fnm, la spa a maggioranza regionale (il 57,57% delle quote) che possiede Trenord a metà con Trenitalia.
La vicenda ha inizio nel 2015, quando Achille viene indagato per una serie di corpose distrazioni di fondi e benefit legate alla sua funzione di numero uno della società. Nei capi d’imputazione c’è un po’ di tutto: telefoni a uso esclusivo destinati a moglie e figlio; carte di credito per pagare ristoranti, alberghi, locali notturni, abbonamenti a pay tv e scommesse sportive; due Bmw serie 5 a disposizione del figlio, con relative multe a carico di Fnm per un ammontare di 159mila euro; tre dipinti acquistati per 14mila euro e regalati all’allora governatore Roberto Formigoni. Totale: 429mila euro.
Nel 2018, Achille viene condannato in abbreviato a due anni e otto mesi. In appello, la pena viene ridotta a due anni, sia perché nel frattempo Achille ha restituito i soldi alla società sia perché il peculato viene riqualificato in appropriazione indebita aggravata. In sostanza, i giudici affermano che Fnm non svolge un’attività di interesse pubblico; e quindi concludono che Achille non agiva da incaricato di pubblico servizio. A procedimento concluso, il caso passa alla Corte dei Conti per il possibile danno erariale. Nel 2021, il collegio presieduto da Antonio Marco Canu accoglie le tesi della Procura, ritenendo sussistente "la giurisdizionale erariale in relazione al pregiudizio all’immagine subìto dall’ente partecipante Regione Lombardia".
Il danno viene così quantificato: l’ammontare degli esborsi illeciti moltiplicato per due e parametrato alla quota della Regione (57,57%). Totale: 491.526 euro.
Achille impugna il verdetto, ottenendo il ribaltone lo scorso 5 ottobre. Come si legge nelle motivazioni, i giudici hanno ritenuto che i colleghi lombardi si siano fermati "all’assioma secondo cui quando l’atto di mala gestio produce un danno diretto al patrimonio del socio pubblico riemergerebbe un rapporto di servizio giustificato dalla partecipazione maggioritaria della pubblica amministrazione all’assetto societario".
Invece, a loro parere, "il rapporto di servizio non può essere fondato automaticamente sulla mera partecipazione di una pubblica amministrazione all’assetto di una società se essa non svolge un servizio pubblico, ma mera attività privatistica". Da qui l’accoglimento del ricorso e la dichiarazione di difetto di giurisdizione a favore del Tribunale ordinario. Niente risarcimento. Per ora.