
Alfred R. Lyth con le sorelle Mary e Virginia (mamma di Debby)
L’8 febbraio del 1945 un cacciabombardiere P-47D americano precipita a Cerretoli, in località Scepato di Sopra, nella zona della Garfagnana. A provocare lo schianto, l’esplosione dell’ordigno sganciato. Forse l’effetto del calore sviluppato dal bombardamento di un treno carico di munizioni che incendia il motore. Il pilota, Alfred R. Lyth, che viaggia con la sua cagnetta in braccio, riesce a lanciarsi da 4mila piedi. Il vento porta il paracadute mezzo miglio ad Ovest di Castelnuovo Garfagnana. Padre e figlio della famiglia Pioli, che abitano lì vicino, aiutano il pilota e il cane a scendere dall’albero su cui sono rimasti impigliati con il paracadute. Poco dopo il pilota americano venne fatto prigioniero dai militari della Divisione “San Marco” e poi consegnato alla gendarmeria della Divisione Monterosa, come racconta il partigiano Franco Bravi, testimone oculare di quegli eventi. Lyth viene portato a Camporgiano. Qui, in circostanze poco chiare, venne fucilato alla schiena. Nel dicembre del ‘45 a Camporgiano i residenti vedono arrivare un camion: a bordo uomini con divise bianche e mascherine sulla bocca. Riesumano il corpo del pilota, sepolto nella terra senza cassa. Lo esaminano, con particolare attenzione all’etichetta sulla divisa. Una volta accertata l’identità chiudono il cadavere in un sacco e interrogano parecchie persone. Gli americani cominciano la caccia ai responsabili fra i prigionieri catturati alla fine della guerra. Trovano il capitano Simonitti, capo della Polizia Militare, e il sergente Pilon, che aveva accompagnato il prigioniero americano. Simonitti, condannato a morte nel 1947, viene fucilato al poligono di tiro di Pisa, mentre il sergente Pilon viene condannato all’ergastolo. La leggenda vuole che tale interesse per Lyth derivasse da una parentela del pilota con il presidente Usa Truman. Dopo 78 anni, grazie all’impegno di ricercatori locali, come Mario Pellegrinetti e Giulio Verrecchia, e ai cacciatori di aerei di AircrashPo, tutta la storia è stata finalmente ricostruita e alcuni pezzi del cacciabombardiere americano sono stati consegnati alla nipote del pilota Debby Orrick Howland.
Milano – Giulio Verrecchia e Debby Orrick Howland si incontrano a Milano, portando con loro ‘pezzi»’ di storia. Insieme hanno ricostruito una vita, quella di Alfred R. Lyth, lo zio-pilota di Debby, da 15 anni al centro degli studi di Giulio.
"Avevo 14 anni quando ho letto, tra le pagine di un libro di storia locale, la vicenda di questo pilota statunitense, che venne ucciso violando la Convenzione di Ginevra – racconta Verrecchia, oggi presidente dell’associazione Studi Militari Emilia Romagna –. Il suo aereo, un cacciabombardiere P-47D, precipitò in Garfagnana: si salvò, fu fatto prigioniero e neppure 24 ore dopo la cattura venne giustiziato”. Nel 1945 gli americani avviarono un’indagine per capire le sorti di quel pilota, mai rientrato alla fine del conflitto. “Tutti i responsabili vennero individuati e processati a Firenze, tra settembre e ottobre del 1946. E ci fu una delle poche condanne a morte eseguite dagli statunitensi nei confronti di criminali di guerra italiani”, prosegue Verrecchia, specialista nelle ricerche storiche che riguardano in particolar modo Seconda Guerra Mondiale e Linea Gotica.
Iniziò così a interessarsi alla vicenda, scientificamente. A scrivere il primissimo capitolo era stato un testimone oculare, tuttora vivente: Mario Pellegrinetti, 93 anni, memoria di ferro. Il corpo del pilota americano venne riesumato davanti ai suoi occhi. Verrecchia lo cercò, per saperne ancora di più. Cominciò a scavare nell’Archivio di Stato e a mettersi sulle tracce della famiglia del pilota, oltreoceano. "Ci sono arrivato tramite un annuncio funebre trovato su Internet nel 2022 – racconta –. Stesso cognome, stessa città: Kansas City. Era morta la sorella di Alfred R. Lyth. Tramite Facebook ho rintracciato la nipote: Debby Orrick Howland”. Sono rimasti in contatto per due anni. “Non si era mai occupata fino a quel momento delle vicende belliche e processuali che ruotavano attorno allo zio, si è subito interessata, consultando gli archivi americani”, continua Verrecchia.
Ne è nato uno scambio epistolare, con la condivisione di documenti e scoperte, un capitolo dopo l’altro, tra archivi italiani, statunitensi e quelli della United nations war crimes commission, la commissione sui crimini di guerra delle Nazioni unite. Fino ad arrivare a quel che rimane del suo cacciabombardiere P-47D. “Un mese e mezzo fa ho scoperto che nel 2013 l’associazione AircrashPo aveva trovato i resti dell’aereo, con l’aiuto degli storici locali e della gente del posto – spiega il presidente dell’associazione Studi Militari Emilia Romagna –. Per gli statunitensi le vicende familiari sono molto importanti, abbiamo pensato fosse giusto che alcuni pezzi fossero consegnati alla nipote". E così è stato, una manciata di giorni fa, a Milano. Giulio Verrecchia le ha consegnato il ricordo, lei un nuovo blocco dell’archivio di famiglia, tutto da studiare. Un incontro intenso, l’inizio di ulteriori ricerche e di un nuovo libro, per riannodare i fili di un mistero lungo 78 anni.