Milano – Dietro le cooperative di servizi nel Milanese, secondo le accuse, c’era Leonardo Melluso, presunto “co-reggente” di un’organizzazione legata al clan ’ndranghetista Mancuso.
A gestirle Pasquale Puglia, imputato per riciclaggio e reati tributari aggravati e già condannato in primo grado dal Tribunale di Vibo Valentia per associazione mafiosa, che aveva accumulato e nascosto beni per un valore complessivo di oltre 3 milioni di euro, tra immobili e denaro su conti correnti. Un tesoro, che gli ha consentito di condurre un tenore di vita “incompatibile rispetto alle disponibilità lecite attribuibili al nucleo familiare”, ora posto sotto sequestro. Le Fiamme gialle del Nucleo di polizia economico finanziaria e del Gico di Milano e della compagnia di Gorgonzola ieri hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal Tribunale di Milano, che ha accolto la richiesta della Dda. Pasquale Puglia, secondo le accuse, gestiva “le cooperative di servizi in Lombardia per conto della cosca e in particolare per conto di Melluso Leonardo, imponendo la manodopera e facendo giungere i proventi alla consorteria”.
Cooperative come la S.T.E. e la Argentea di Gorgonzola, la Lavoro Italia con sede legale a San Benedetto del Tronto e “luogo d’esercizio” a Gessate. Le frodi fiscali sulla manodopera e gli affari lombardi del clan Accorinti-Melluso di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, erano stati svelati a novembre dell’anno scorso grazie a un’inchiesta della Dda di Milano, che aveva portato a 12 arresti. In manette era finito, tra gli altri, Pasquale Puglia, coinvolto anche nell’indagine “Costa pulita“ in Calabria, sfociata in condanne in primo grado.
L’associazione mafiosa sarebbe stata “costituita, promossa e diretta” da Antonino Accorinti, con Francesco Giuseppe Bonavita e Leonardo Francesco Melluso nel ruolo di “organizzatori”, con al vertice la “sovraordinata cosca Mancuso”, in particolare Pantaleone Mancuso detto “Luni Scarpuni“. Pasquale Puglia avrebbe gestito il ramo economico del gruppo, che nel vibonese era riuscito anche a mettere le mani su “appalti e servizi pubblici”. Un filo diretto tra la Calabria e la Lombardia, dove hanno sede le cooperative.
Dall’operazione dell’anno scorso era emerso un sistema: lavoratori fantasma nella logistica, regimi agevolati su Iva e Irap non dovuti, un’architettura di piccole società che aprono e chiudono nell’arco di poco tempo. All’epoca erano stati posti sotto sequestro circa 10 milioni di euro. I successivi accertamenti hanno portato alla luce ulteriori beni per circa 3 milioni di euro nelle disponibilità dell’indagato, ora bloccati dal Tribunale.