Milano, 22 giugno 2023 – Il ricordo di quel pomeriggio di maggio, nel 2007, è ancora vivo, a distanza di 16 anni. "Ero una studentessa universitaria di 20 anni e mi sentivo fortunata – spiega Daniela, nome di fantasia – perché avevo l’occasione di conoscere un volto noto della pubblicità, un personaggio famoso nell’ambiente”.
L’incontro trappola
Un incontro che si è rivelato una trappola. Daniela è una delle ragazze cadute nella rete del professionista del settore accusato di essere un “molestatore seriale”, e ha deciso di rompere il silenzio. “All’epoca frequentavo l’università – racconta – e avevo partecipato a un’iniziativa dell’Art Directors Club Italiano rivolta agli studenti. Lui mi contattò via email sostenendo di avere una proposta lavorativa da farmi. Ci siamo incontrati per un caffè al bar Magenta, a Milano, e lui mi ha mostrato alcuni fogli su una campagna per griffe dell’alta moda. A un certo punto ha abbassato la voce e ha detto che, trattandosi di una campagna top secret, bisognava parlarne in un luogo sicuro. Siamo usciti, mi ha chiesto di salire sul suo scooter ed è partito. All’inizio non sospettavo nulla, ma ho iniziato a innervosirmi quando ha preso la tangenziale e mi ha portata nel parcheggio di un parchetto isolato”. E, a quel punto, sono iniziati gli approcci.
L’approccio pesante
"Lui si è messo a straparlare, diceva: “Se sarai carina con me, come tante altre ragazze, avrai buone opportunità di lavoro“. Mi metteva le mani sulle spalle e sulla gonna – spiega – non riuscivo a reagire, poi ho iniziato a indietreggiare fino a quando sono arrivata fino al ramo di un albero. Ho visto che stavano arrivando delle persone, e gli ho chiesto di portarmi subito a casa. Durante il viaggio in scooter, a ogni semaforo, mi toccava le gambe, diceva: Mi piace quando mi sbatti addosso”. Daniela ha avuto l’accortezza di farsi lasciare altrove, per evitare di fargli conoscere il suo indirizzo di casa. Poi, una volta al sicuro fra quattro mura, lo choc.
Lo choc
“Non capivo – racconta – e mi sentivo una m***. A un certo punto sono scoppiata a piangere, ho buttato via i vestiti che indossavo”. Il giorno dopo la vittima si è confidata con un’amica, che l’ha spinta a presentarsi dai carabinieri. "Quando sono andata in caserma ho raccontato tutto – prosegue – ma il carabiniere in servizio mi ha dissuasa dallo sporgere denuncia, dicendo che si trattava della mia parola contro la sua, che probabilmente sarebbe finito tutto in nulla. A quel punto ho deciso di lasciar perdere. Qualche giorno dopo lui mi ha scritto una email invitandomi a una cena con “clienti importanti“. Io non ho risposto. Ho continuato gli studi ma mi sono tenuta alla larga dal mondo della pubblicità, ho perso la fiducia e non sono più andata ai colloqui di lavoro con la gonna”.
"Ora sporgerei denuncia”
Daniela ora lavora come content creator freelance e nell’e-commerce. Nel 2014, quando hanno iniziato a circolare sui social le testimonianze delle vittime del guru della pubblicità molestatore seriale, è entrata in contatto con altre donne e con Massimo Guastini. "Sono episodi quasi tutti con lo stesso copione – spiega – e se potessi tornare indietro ai miei 20 anni sporgerei denuncia. Magari sarebbe servito per dissuaderlo, gli avrebbe posto un freno, perché dopo di me ha messo le mani addosso ad altre ragazze”. Un consiglio alle vittime? “Denunciare, e non farsi intimorire”.