«Non voglio che mia nonna sia mandata in una Rsa chissà dove dall’altra parte della Sicilia, deve tornare qui nel suo paese o comunque in un posto in cui noi nipoti possiamo andarla a trovare tutti i giorni. Da molti anni siamo mia sorella e io a occuparci di lei. Deve tornare da chi l’ha seguita, deve essere tutelata per tutti gli anni che le restano. Ha bisogno solo di amore". È questa la preoccupazione di S.C., l’appello che affida al Giorno , raccontandoci l’incredibile antefatto della già allucinante vicenda che avevamo ricostruito su queste pagine, e che ha coinvolto sua nonna.
Il caso di nonna Immacolata
Nonna Immacolata (nome di fantasia) ha 86 anni ed è la madre di A.F., il cinquantaseienne che mercoledì pomeriggio, al Policlinico di Milano, ha aggredito brutalmente un giovane medico della direzione di presidio spezzandogli il femore in tre punti. Il dottor M.L. gli stava spiegando perché l’ospedale non potesse accontentarlo, dimettendo e consegnandogli, come pretendeva, l’anziana madre ricoverata in un reparto di Medicina ad alta intensità di cura dell’ospedale di via Sforza dove il cinquantaseienne l’aveva portata due giorni prima, lunedì 17 luglio, deperita e disidratata oltre che affetta da grave decadimento cognitivo dopo aver risalito in macchina tutta l’Italia nel pieno di un’ondata di calore. Con il figlio e la moglie di lui, che l’avevano prelevata sabato da una Rsa di Militello, in provincia di Catania. Il paese dov’è nato e cresciuto anche l’ex presidente della Regione Sicilia, oggi ministro della Protezione civile e del Mare Nello Musumeci, ma, da molto prima, il paese di Immacolata. Che con Milano e la Lombardia non aveva mai avuto a che fare, a parte quel figlio, A.F., residente a Villasanta in provincia di Monza, dichiarato invalido permanente al 100% a marzo scorso, che risulta in cura in un Cps di Monza per disturbi del comportamento, e che con la madre non aveva che sporadici contatti, racconta S.C. Lui e sua sorella R. sono i figli di un’altra figlia dell’ottantaseienne, una figlia che è morta nel 2018. "Nostra nonna, con cui eravamo cresciuti, nella stessa casa, quel giorno ci disse: “Da oggi sono io la vostra mamma”. E così è stato".
La caduta in Rsa e le tensioni in famiglia
Anche dopo che, nel novembre del 2021, Immacolata per l’aggravarsi di problemi di natura fisica e di un crollo cognitivo dev’essere ricoverata nella struttura dove i nipoti vanno a trovarla due volte al giorno, "mia sorella la mattina e io al pomeriggio". Lo zio A. "non ha avuto rapporti con i suoi genitori per molti anni. Non è venuto nel 2015 quando è morto il nonno, né l’anno dopo quando è mancato un altro zio, e neanche quando se n’è andata mia madre. Ha iniziato a interessarsi della nonna dopo che le è stato diagnosticato un disturbo di demenza senile, le faceva qualche videochiamata". Un giudice tutelare del Tribunale di Caltagirone nomina per l’anziana un amministratore di sostegno, ma la tensione in famiglia si alza quando i due nipoti, dopo che l’anziana è vittima di una caduta nella Rsa, chiedono di poterla riportare nella sua casa, ingaggiando "tre badanti" per assicurarle assistenza adeguata 24 ore su 24. Lo zio si oppone, "mercoledì scorso c’è stata l’udienza e il giudice si è riservato di decidere – spiega S.C. –. Ma mai potevamo immaginare che mio zio sarebbe arrivato a tanto".
Il precedente in Sicilia
La mattina di sabato 15 luglio, a sorpresa, A.F. si presenta insieme alla moglie nella casa di riposo di Militello in cui è ricoverata Immacolata. "Hanno intimato al personale della struttura di preparare la nonna per portarsela via – racconta il nipote –. Loro hanno chiamato l’amministratore di sostegno, che a quanto ci risulta ha dato una serie d’indicazioni: avrebbero dovuto dire dove l’avrebbero portata, come, per quanto tempo, e occorreva l’autorizzazione di un medico. Intanto, come ogni mattina, è arrivata mia sorella. Un’altra paziente l’ha avvisata, dicendole letteralmente: “C’è tuo zio il pazzo”". R.C. entra nella stanza della nonna, vede la coppia che raccoglie le cose di Immacolata, chiede cosa stia succedendo. "E lo zio, con l’aiuto della moglie, ha pestato a sangue mia sorella. L’ha strattonata, le ha sbattuto la testa contro il muro, ha contusioni in tutto il corpo", racconta il fratello di R., che al pronto soccorso è stata curata per traumi alla faccia, all’addome, a un fianco, a una coscia, con una prognosi iniziale di 7 giorni. La nipote di Immacolata è riuscita a documentare alcuni momenti dell’aggressione col suo cellulare, e ha allegato la registrazione audio alla denuncia che aveva presentato sabato stesso ai carabinieri di Militello contro lo zio e sua moglie, per lesioni.
Il pestaggio al Policlinico di Milano
Quattro giorni dopo, A.F. rimedia un’altra denuncia a piede libero dai carabinieri di Milano (cui seguiranno le querele dell’interessato e del Policlinico) per il pestaggio del dottor M.L., che mercoledì probabilmente, oltre alle ragioni cliniche per cui sua madre era ricoverata, stava cercando di spiegargli come non potesse lasciargliela portar via senza i documenti, che sono rimasti, spiega il nipote S.C., "all’amministratore di sostegno". Ma sabato nella casa di riposo di Militello, chiarisce, a parte sua sorella nessuno si è messo di traverso. "Gli hanno persino consegnato la terapia che assume la nonna. E così lui l’ha caricata in macchina, è riuscito persino a traghettare senza avere i documenti, ha fatto fare diciannove ore di viaggio a una donna di quasi 87 anni che non deambula da sola – continua S.C. –. Noi non sapevamo dove fosse la nonna, solo dopo tre giorni abbiamo saputo che era a Milano, in ospedale, viva per miracolo, confusa e traumatizzata per aver assistito al pestaggio di sua nipote. Non siamo ancora riusciti a parlarci". Il resto della storia, l’aggressione brutale dello zio al medico che s’è rifiutato di fargli prelevare la madre da una struttura di ricovero per la seconda volta in 96 ore, S.C. l’ha letto sui giornali. "E vorrei tanto ringraziarlo quel dottore, che per tutelare mia nonna si è ritrovato in una situazione assurda. Com’è successo a mia sorella qui".
La preoccupazione del nipote
La preoccupazione dei nipoti per Immacolata, però, non è finita affatto: "Sto pensando di salire a Milano, perché anche se al Policlinico la trattano benissimo, anche se i dottori sono estremamente gentili, lei ha bisogno di noi – aggiunge S.C. –. Mia nonna parla solo dialetto siciliano ed è molto disorientata per quello che le è successo, perché si trova in un luogo sconosciuto tra sconosciuti. Lei è abituata a vederci tutti i giorni". Il nipote è preoccupato anche per il futuro: "Il giudice ha fatto un provvedimento per farla tornare da Milano e ricoverarla in una Rsa in Sicilia, l’amministratore di sostegno sta cercando una struttura, ma per ora dice di aver trovato posto solo a Gela". Sono quasi cento chilometri da lì a Militello. "Mandarla in un posto in cui mia sorella e io non possiamo andare da lei tutti i giorni – chiarisce – è uguale a condannarla a morire nella disperazione e nella solitudine".