ANNA GIORGI; NICOLA PALMA
Cronaca

Agguato dopo Inter-Juventus. Tra i 51 tifosi a rischio processo c’è anche il padre del capo ultrà

La notte del 5 febbraio lanciarono petardi, pietre e bottiglie contro la polizia fuori dal Meazza. Avviso di chiusura indagini notificato anche a Gianfranco Ferdico, papà del leader della Nord.

Agguato dopo Inter-Juventus. Tra i 51 tifosi a rischio processo c’è anche il padre del capo ultrà

di Anna Giorgi e Nicola Palma

MILANO

Il nome, anzi il cognome, spicca nell’elenco dei 51 indagati per la guerriglia andata in scena in via Pinerolo la notte del 5 febbraio, a poche ore dalla fine del match-scudetto Inter-Juventus vinto dai padroni di casa. Tra coloro che rischiano il processo per l’assalto alla polizia avvenuto a poche centinaia di metri dallo stadio Meazza c’è anche il sessantenne Gianfranco Ferdico, padre di Marco, diventato capo e portavoce della Curva Nord dopo la rivoluzione al secondo anello verde indirettamente generata dall’omicidio di Vittorio Boiocchi. Come si legge nell’avviso di chiusura indagini notificato nei giorni scorsi dal pm Enrico Pavone, lui come gli altri 50 (tra i quali ci sono anche tre bulgari e un olandese di Eindhoven) sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale aggravata in concorso per aver scagliato "un considerevole numero di petardi, pietre e bottiglie di vetro" contro i poliziotti intervenuti per bloccare l’assalto ai pullman dei tifosi ospiti in partenza da San Siro dopo la partita.

Il diciannovenne Luca B. e il venticinquenne Tommaso L. sono stati anche denunciati per aver violato i Daspo di tre anni comminati dal questore di La Spezia tra il 23 settembre 2021 e l’11 agosto 2022; il ventiduenne Nicholas F. e il ventiquattrenne Edoardo D., invece, sono stati indagati per aver aggredito due agenti (in un caso "con calci e pugni"), poi dimessi con prognosi di 20 e 30 giorni. Già quella notte, gli agenti della Digos, del Reparto mobile e del commissariato Bonola erano riusciti ad arrestare i due giovani frequentatori della Nord (ai quali il giudice della direttissima aveva concesso la sospensione del processo per un programma di lavori di pubblica utilità) e a identificare altre 48 persone, daspate per un anno dall’allora questore Giuseppe Petronzi. Nelle vicinanze del luogo del raid, gli investigatori avevano trovato bastoni, mazze e tirapugni; il che aveva fatto subito pensare a un blitz organizzato.