MARIO CONSANI e NICOLA PALMA
Cronaca

Agguato in via Cadore, in due sullo scooter: "Sei pronto?" Poi gli spari

Ferito il pregiudicato Enzo Anghinelli. La droga e la pista degli ultrà del Milan

Agguato in via Cadore a Milano

Agguato in via Cadore a Milano

Milano, 13 aprile 2019 - «Sei pronto?». L’urlo dell’uomo sullo scooter squarcia la tranquillità di via Cadore. Enzo Anghinelli si volta d’istinto, fermo al semaforo rosso all’incrocio con via Bergamo, a due passi da Porta Romana. Mancano tre minuti alle 8, la Ford Focus station wagon del 46enne è in coda dietro un’altra auto, lì a venti metri ci sono alcune persone in attesa dell’autobus sotto la pensilina. Sul motorino sono in due, affiancati alla macchina: quello seduto dietro spara quattro, forse cinque colpi, con una pistola a tamburo, indirizzati all’interno dell’abitacolo. Non è un’intimidazione, i colpi sono diretti al volto. Uno va a segno e frantuma lo zigomo destro di Anghinelli, gli altri mancano il bersaglio, andando a conficcarsi tra il montante dello sportello e le assi di legno di un dehor. La vittima designata si accascia sul sedile, con un rivolo di sangue che gli esce dalla bocca. I sicari, forse convinti di averlo ucciso, ripartono a tutta velocità e svoltano a sinistra in via Comelico, stando ad alcune testimonianze. «Mi sono sembrati subito colpi di pistola – dice una donna – ma sulle prime ho scacciato quel pensiero, mi sembrava impossibile che una cosa del genere potesse succedere qui». «Un medico, serve un medico», grida qualcuno. Dallo stabile al civico 48 si precipita il dottor Luca Fracasso, nel frattempo i passanti hanno già allertato il 118. Anghinelli è cosciente, e lo resterà sempre: non parla, respira a fatica, ciondola lentamente tra il volante e lo schienale come stordito.

Portato al Policlinico, viene quasi subito ritenuto fuori pericolo: l’unico proiettile a segno non ha lesionato organi vitali, sebbene lo abbia preso in pieno volto, ma è entrato e uscito all’altezza dello zigomo destro. Rompendogli l’osso e bucandogli la guancia, certo, ma senza provocare danni neurologici, in base agli esami condotti dai medici del pronto soccorso della Ca’ Granda. L’uomo ieri è stato ricoverato in Neurorianimazione (il reparto dove si portano anche i pazienti reduci dagli interventi chirurgici) e sottoposto alle prime terapie, soprattutto per alleviare il dolore. Poi passerà al maxillo-facciale, dove nei prossimi giorni verrà operato per ricostruire l’osso rotto e ricucire la ferita. La prognosi è riservata. In via Cadore, in pochi minuti, arrivano diversi equipaggi delle Volanti, gli uomini della Scientifica e gli agenti della Omicidi della Squadra mobile, guidati dal dirigente Lorenzo Bucossi.

Dalla targa dell’auto, intestata alla sorella di Anghinelli, si risale all’identità del ferito, che, sprovvisto di documenti in quel momento, stava probabilmente andando a prendere il figlio più piccolo per portarlo a scuola, come faceva ogni mattina secondo il racconto di un vicino di casa. Il curriculum criminale del 46enne, coinvolto nell’indagine «White 2007» dei carabinieri dell’Antidroga su una banda che trafficava grossi quantitativi di cocaina, indirizza immediatamente le indagini, coordinate dal pm Leonardo Lesti, su una pista ben definita, quella del regolamento di conti per uno sgarro nel mondo dello smercio di stupefacenti. C’è anche una pista alternativa, in realtà, o quantomeno collaterale alla prima, tutta da approfondire: porta alla curva del Milan e ai possibili legami tra il 46enne e alcuni esponenti del tifo organizzato rossonero.

Le modalità del raid sono quelle classiche dell’esecuzione: l’uomo è stato probabilmente agganciato nel momento in cui è uscito dallo stabile al civico 10 di via Menotti, dove abita con la madre e la sorella, tanto che già nella tarda mattinata di ieri i poliziotti stavano acquisendo i filmati di una telecamera posizionata proprio di fronte al palazzo. Secondo l’avvocato Lino Terranova, che lo difese nel procedimento «White 2007» (il 46enne era stato condannato a più di dieci anni di reclusione), Anghinelli aveva deciso di cambiare vita, dopo essere uscito dal carcere «3-4 anni fa», e di intraprendere un percorso terapeutico per curare la dipendenza da coca.