CHIARA ARCESI
Cronaca

Alberico Belgiojoso: "Questa è una città d’arte. La storia guidi il futuro"

Come fare bella la metropoli secondo l’ex professore del Politecnico "Strade, monumenti, illuminazione: il passato va salvaguardato e valorizzato".

Come fare bella la metropoli secondo l’ex professore del Politecnico "Strade, monumenti, illuminazione: il passato va salvaguardato e valorizzato".

Come fare bella la metropoli secondo l’ex professore del Politecnico "Strade, monumenti, illuminazione: il passato va salvaguardato e valorizzato".

Dalle idee ai fatti, per fare bella Milano. È l’obiettivo dell’architetto Alberico Belgiojoso, ex-professore ordinario al Politecnico di Milano e presidente dell’associazione “Architetti per Milano“, che ha identificato gli interventi necessari ragionando sulla futura forma urbana di Milano rifacendosi anche alla metodologia anglosassone.

“Fare bella Milano” è il titolo del suo recente convegno in cui sono intervenuti anche l’urbanista Marco Engel e l’esperto di sicurezza Umberto Nicolini. Belgiojoso, ci spieghi cos’ha in mente.

"Dire “fare bella” è una semplificazione, intendiamo occuparci dell’importanza della presenza storica, della qualità e progettazione urbana, dei caratteri urbani e quindi come difenderli ed attuarli negli sviluppi futuri, del tipo di città che si ritiene sia Milano e vada attuato nel futuro, rilevante anche per le periferie, e della sicurezza".

Come possiamo definire questo suo approccio?

"Sia nella storia che in tempi più recenti c’è sempre stata l’idea di curare la forma della città. Cito anche l’espressione di Marco Romano “Le città come opera d’arte”, il libro di Deyan Sudjic “Il linguaggio delle città”, e “La città è un museo senza pareti” di Jonathan Meads. Certamente questa componente è ed è stata molto importante. Dalla Roma di Sisto V quando si realizzarono i principali assi al piano Haussman dell’800 per Parigi, al piano Castrò sempre per Parigi per le zone più periferiche, ai piani di Edimburgo, Lione e Zurigo".

E in Lombardia c’è attenzione alla forma urbana?

"Quando, dieci anni fa, si è passati dal Piano Regolatore Generale al piano di Governo del Territorio si è, in un certo senso, rinunciato alla progettazione della città. Il Pgt dà più attenzione alle procedure, lascia più liberi ed è meno attivo sulla forma urbana. Noi vorremmo, invece, far sì che questa attenzione non vada persa, introducendo peraltro anche la cultura urbana anglosassone. Quando quarant’anni fa ho lavorato nel Kuwait con consulenti inglesi e americani ho imparato da loro questa nuova metodologia che qui in Italia mi sono reso conto non è ancora stata recepita. Non si tratta né di urbanistica né di architettura, ma di architettura della città, la cosiddetta “progettazione urbana”. È, inoltre, importante il tema delle mappe mentali perchè introduce una visione più ampia della città".

Milano ha una grande presenza storica, che però - lei sostiene - è poco riconosciuta. Lei dice che "È una specie di lezione di storia dell’urbanistica che non si riscontra così chiaramente nè a Firenze nè a Roma".

"Sì, è una città d’arte come Firenze e Roma e le altre numerose, perché ha questa tradizione che si è evoluta nel tempo. In più le diverse epoche della sua trasformazione sono leggibili ancora ora. Tutta l’urbanistica è stata configurata su scala molto internazionale e va messa in evidenza".

Quali sono, quindi, gli interventi individuati concretamente in questo senso?

"Per il centro storico principalmente occorre salvare le presenze storiche, basiliche, palazzi, diminuendo l’impatto del traffico e mettendole più in evidenza. Salvare e collegare nella pavimentazione la città Romana nella zona di via Brisa vicino a corso Magenta e le due torri del circo romano in fondo a via Cappuccio. Sui ruderi del palazzo imperiale proponiamo una struttura in ferro appoggiata sui ruderi che evidenzi la forma generale del palazzo e lo valorizzi".

E l’importante asse che va da via Torino a Porta Ticinese?

"Va unificata la pavimentazione, liberando la porta medievale da bar e dehor, unificando anche l’illuminazione. Lo stesso per il tratto da piazza della Scala alla Biblioteca Ambrosiana, in cui si legge il vecchio “cardo romano”. Si possono spostare le edicole, e abbiamo già identificato i nuovi punti in cui dislocarle, e rendere omogenea la pavimentazione e l’illuminazione, cosicchè si capisca quale fosse questo tracciato in passato. Lo stesso per le tre porte della cinta medievale, Sant’Ambrogio, Ticinese e Nuova in piazza Cavour, per risaltare che Milano aveva questa cinta muraria".

Tra piazza Duomo e piazza Diaz sono diverse le presenze storiche. Cosa fare?

"Sì, l’abside di San Satiro, ad esempio, sul largo Borges si vede ma è coperta da posteggi, semafori. Semplificando l’arredo urbano verrebbe messo in evidenza. Così anche per l’ex-Ospedale maggiore, ora università statale".

E per il resto della città a cos’ha pensato?

"Abbiamo avanzato proposte precise sempre ponendo l’attenzione alle componenti citate all’inizio. Per la salvaguardia delle zone di fine ‘800, la leggibilità delle grandi strade radiali, il restauro della cintura ferroviaria e la valorizzazione delle presenze in periferia".