Milano – Alberto Genovese, l’ex imprenditore del web già condannato in via definitiva a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni per due casi di violenza sessuale su due modelle stordite con mix di droghe, ha presentato un’istanza di riduzione della pena basata sul fatto che la detenzione da lui trascorsa a San Vittore, quando era in custodia cautelare, sarebbe stata, per la situazione e le condizioni carcerarie anche di sovraffollamento, un "trattamento inumano e degradante".
Un’istanza per presunta violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce il "divieto di tortura e di trattamento inumano o degradante". E basata, in particolare, sull’articolo 35 ter dell’ordinamento penitenziario per il quale si può chiedere, per queste presunte violazioni, "a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio".
Genovese era stato a San Vittore dal novembre 2020, quando era stato arrestato, fino a fine luglio 2021, quando era passato ai domiciliari in una comunità per disintossicarsi. Ieri si è tenuta l’udienza di discussione dell’istanza davanti alla giudice della Sorveglianza Paola Corbetta, che si è riservata di decidere. Intanto, tornato in carcere a febbraio per l’esecuzione della pena definitiva l’ex imprenditore punta ad uscire con una misura alternativa alla detenzione, come l’affidamento terapeutico. Gli restano da scontare poco meno di 4 anni. Nei prossimi giorni la Sorveglianza dovrà affrontare anche questa questione e decidere eventualmente per una misura alternativa.