Milano, 27 ottobre 2023 – Condannato a una pena di 6 anni e 11 mesi per avere violentato e drogato due ragazze, Alberto Genovese aveva chiesto nei mesi scorsi l’affidamento terapeutico in una comunità per disintossicarsi dalla cocaina. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano, però, ha detto no: l’ex re delle startup deve restare in carcere. È stato depositato il provvedimento dei giudici, dopo che a fine maggio avevano stabilito che l’imprenditore dovesse rimanere nella casa di reclusione di Bollate altri cinque mesi.
Soltanto in seguito a una seria valutazione psichiatrica da parte di un team di specialisti, infatti, si sarebbe potuta prendere una decisione sulla richiesta presentata dai difensori. Fondamentale, per il Tribunale, sottoporre l’ex imprenditore a un periodo di osservazione, anche per valutare da un punto di vista scientifico le ragioni che lo avrebbero spinto a commettere i reati con quelle precise modalità.
Accusato di due stupri commessi ai danni di altrettante donne narcotizzate, nel suo attico Terrazza Sentimento, a pochi passi dal Duomo, e a Villa Lolita a Ibiza, Genovese era tornato in carcere lo scorso 13 febbraio in esecuzione della pena definitiva. Prima di allora era stato a lungo in una clinica per intraprendere un percorso di disintossicazione, e la richiesta dei suoi difensori – Antonella Calcaterra, Salvatore Scuto e Davide Ferrari – era quella di fargli proseguire la terapia fuori dal carcere.
Tra poche settimane, intanto, si aprirà una nuova udienza preliminare per tutto un secondo filone di indagini con al centro altre violenze sessuali, commesse tra il marzo del 2019 e il novembre del 2020, che sarebbero avvenute con modalità molto simili. Anche in questo caso l’ex imprenditore avrebbe commesso gli abusi durante le feste a base di droga e alcol che organizzava lui stesso e, nello specifico, le vittime sarebbero altre due giovani a loro volta stordite tramite l’uso di cocaina, delle quali l’uomo avrebbe approfittato quando erano «in stato di semi incoscienza».
Per le nuove violenze risulta indagata insieme a lui anche l’ex fidanzata Sarah Borruso che avrebbe preso parte a uno stupro di gruppo avvenuto nel maggio del 2020, portando con una scusa la vittima nella camera da letto dove la attendeva l’imprenditore, e poi assistendo impassibile agli abusi. La donna avrebbe poi fatto lo stesso anche con una ragazza di 22 anni sempre nel 2020. Stando a quanto emerso dalle indagini coordinate dall’aggiunto Letizia Mannella e dai pm Rosaria Stagnaro e Paolo Filippini, Genovese è stato accusato anche di intralcio alla giustizia insieme al suo ex braccio destro Daniele Leali, e di detenzione di materiale pedopornografico. Il primo reato, in particolare, riguarda il tentativo da parte dell’ex socio – con i soldi del manager – di “comprare” con 8mila euro e la promessa di regali costosi la 18enne che per prima aveva denunciato le violenze. In cambio, le chiedeva una ritrattazione delle accuse che di lì a poco avrebbero portato all’arresto Genovese. Leali, inoltre, dovrà rispondere anche di cessione di droga per avere offerto agli ospiti vassoi di cocaina, ketamina, mdma e altre sostanze, durante le varie feste organizzate dal socio durante le quali poi venivano commesse le violenze. L’accusa inerente la pedopornografia, infine, della quale deve rispondere solo l’ex re delle startup, riguarda una cartella chiamata “La Bibbia 3.0”, trovata nel suo computer con all’interno foto e video di minorenni in atteggiamenti sessuali. «Meno male che mi avete arrestato – aveva detto agli inquirenti durante l’interrogatorio per la seconda tranche di indagini – perché così mi avete salvato dalla tossicodipendenza e dai miei errori».
Dopo la condanna di primo grado, la difesa dell’ex imprenditore aveva deciso di non ricorrere in appello, rendendo così la pena definitiva a 6 anni, 11 mesi e 10 giorni. Genovese era stato arrestato nel novembre del 2020, dopo che una ragazza allora 18enne aveva denunciato per prima le 20 ore di abusi subiti nell’attico dell’ex manager in centro a Milano, la Terrazza Sentimento, durante una delle sue feste a base di droga.