SIMONA BALLATORE
Cronaca

La maturità di papà Alessandro, diplomato a 45 anni dopo mille ostacoli. “L’ho fatto per me e per aiutare mia figlia”

Milano, aveva abbandonato gli studi a 16 anni perché ritenuto “incompatibile” con la vita scolastica. Era una forma di dislessia grave. Ora arriva il 100 al Molinari

Alessandro, 45 anni, maturando all’Istituto Molinari con il professor Fezza

Alessandro, 45 anni, maturando all’Istituto Molinari con il professor Fezza

Milano – A 16 anni aveva abbandonato gli studi. "Non ero portato, mi dissero i miei prof. Facevo fatica, non sapevo ancora il perché". Alessandro Tornabene ha scoperto una grave forma di dislessia quando è diventato papà. E a 45 anni si è preso la sua rivincita (e non solo) all’istituto tecnico Molinari, chiudendo gli esami di Stato con il massimo: 100 su 100.

Perché aveva interrotto gli studi?

"Studiavo al Settimo (dove oggi c’è l’istituto Maxwell, ndr) quando mi dissero che “ero incompatibile” con la vita scolastica. Andai subito a lavorare. Anche perché non ho mai avuto una vita semplice: sono stato abbandonato da mia mamma quando avevo appena tre anni, sono stato cresciuto dai nonni e volevo dare una mano a mio papà. Il giorno dopo aver preso la decisione sono andato alle 4 di mattina a pulire le scale di un condominio, ho accettato qualsiasi impiego. In quegli anni non si parlava ancora di dislessia, le scuole non erano preparate".

Come l’ha scoperta?

"Con mia figlia. A un anno e mezzo le hanno riscontrato problemi neurologici ed è stata ricoverata molti mesi in ospedale, per capire cosa avesse. Hanno indagato se ci fossero problematiche genetiche e così ho scoperto quella dislessia, grave, che ero però riuscito a compensare ’artigianalmente’. Nel mondo del lavoro mi sono sempre adattato benissimo, ho adottato strategie e usato moltissima immaginazione".

Perché ha deciso di tornare a studiare?

"Inizialmente per avere la mia rivincita. Non avevo abbandonato gli studi per colpa mia: mi perdevo in mezzo alle righe perché non avevo ancora strategie. Ma non è stata solo quella la motivazione: ho sempre avuto una grande passione per l’informatica e la tecnologia, ho pensato di riprenderle in mano per trovare un nuovo posto e un riscatto in questa società e, soprattutto, per aiutare mia figlia. Anche se non è stato semplice".

Ha mai pensato di non farcela?

"Continuamente. Anche a settembre. Dal momento in cui mi sono iscritto ne sono successe di ogni. Ogni ostacolo però mi dava la grinta per andare avanti e sono stati determinanti i miei professori del serale: oltre alla professionalità è stata la loro umanità ad accompagnarmi fino a qui, senza scorciatoie né facilitazioni. Mi hanno dato anche lavoro in più per farmi arrivare al diploma così. Ho imparato a leggere tra le righe, a padroneggiare tecniche, immaginazione e problem solving, quelli che chiamo i miei ’super poteri’. Al Molinari dovrebbero mettere una targa con i loro nomi: creano un percorso specifico per ogni ragazzo che entra, indipendentemente dall’età, sono ogni giorno accanto a te. Se devi saltare un gradino sono al tuo fianco, anche quando sembrano barriere. Quante volte ho pensato di arrendermi: con mia figlia che entrava e usciva dall’ospedale è stata durissima, non avevo la testa libera. Mi dedicavo a lei con tutto me stesso di giorno, andavo a scuola e studiavo di notte. I professori mi hanno tenuto aggrappato qui".

Fino al traguardo. Come ha vissuto questa maturità?

"Con serenità. Quello che mi spaventava di più era fare capire il mio percorso ai commissari esterni, in meno di un’ora. Perché la questione umana va al di là di ogni competenza. Si sono presi un’ora e mezza (sorride, ndr) ma sono riuscito nell’impresa. Ho portato i miei progetti con l’intelligenza artificiale, che spesso suscita timori, ma che non sostituirà il lavoro di nessuno, piuttosto incoraggerà lo sviluppo di nuove tecnologie e richiederà nuove competenze. Se la padroneggi può aiutarti".

Come ha aiutato lei?

"È stata un po’ la mia assistente personale nello studio: il lavoro lo fai tu, da solo, ma può essere un bastone che sorregge. E ho cercato di capire come potesse essere addestrata per aiutare altre persone dislessiche o con fatiche ancora più gravi, sviluppando un modello che ho anche presentato ai professori durante l’esame".

Cosa farà adesso?

"Vorrei tanto iscrivermi all’università, ma la mia famiglia ha bisogno di me. Mi dedico a mia figlia, cercando di insegnarle le strategie che ho imparato io e spero che il voto, i progressi e il percorso fatto fin qui mi portino a trovare un buon posto di lavoro, che mi faccia brillare come voglio brillare".

Trent’anni dopo, come si sente?

"È come se fossi tornato ai miei 16 anni. Guardo il mondo con gli occhi che avevo da ragazzo, convinto che anche questa “pausa” sia servita. Dedico questa maturità a mia moglie, che si è presentata qui, durante la prova. Che mi ha spalleggiato tutti i giorni, certa che avrei dato il massimo. Ai miei professori Fezza, Alemanno e Rossi, vere colonne portanti. La dedico al futuro di mia figlia. E sa cosa spero ora?"

Cosa?

"Che questa mia storia sia un monito per altri ragazzi che hanno problemi, piccoli o enormi: non arrendetevi mai, accettate i consigli degli altri e dei prof, anche quando sembrano burberi e severi. L’istruzione è importantissima, soprattutto a livello civico, per avere sempre una propria opinione".