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Bimba morta di stenti a Milano, il gip: "La madre consapevole, nessun disagio psichico"

No alla consulenza neuroscientifica per Alessia Pifferi, accusata di omicidio volontario aggravato della figlia. I legali: "Negato suo diritto alla difesa"

Milano, 3 ottobre 2022 -  Un altro "no". E' stata respinta per la seconda volta la richiesta di far entrare in carcere esperti per una consulenza neuroscientifica di Alessia Pifferi, arrestata a fine luglio per omicidio volontario aggravato per aver abbandonato per 6 giorni in casa la figlia Diana morta di stenti.

Alessia Pifferi "anche dopo l'ingresso in carcere, come attestano le relazioni del Servizio di psichiatria interna" di San Vittore "si è sempre dimostrata consapevole, orientata e adeguata, nonché in grado di iniziare un percorso, nei colloqui psicologici periodici di monitoraggio, di narrazione ed elaborazione del proprio vissuto affettivo ed emotivo", ha scritto il gip di Milano Fabrizio Filice nel provvedimento con cui ha respinto la seconda istanza della difesa. Il giudice ha fornito questi elementi nella parte in cui spiega che la stessa difesa non voleva effettuare un'analisi sulla capacità o meno di intendere e di volere della donna. Una "prospettiva" che "allo stato non si aggancerebbe ad alcun elemento fattuale", anche perché Pifferi non ha alcuna "storia di disagio psichico" nel suo passato.

I difensori puntavano su un particolare accertamento "neuroscientifico-cognitivo" per «"ercare di sondare il funzionamento strettamente cognitivo dell'indagata". E con la "espressa finalità", ha scritto il gip, da parte della difesa di "incidere sul processo interpretativo del giudice", che dovrà valutare nel procedimento l'eventuale dolo dell'azione commessa. Il giudice ha chiarito che ci sono "suggestive adesioni in campo accademico" sul fronte dell'utilizzo delle neuroscienze, ma non si può permettere che una consulenza di questo tipo entri nel processo senza contradditorio. Il gip, comunque, ha affermato che in teoria non si può escludere "una possibile utilità della prova neuroscientifica come supporto al processo decisionale del giudice", ma dovrà essere semmai proprio il giudice a disporre una perizia sul punto, se la riterrà necessaria.

"La difesa di Alessia Pifferi non può arrendersi di fronte all'ennesimo diniego alla richiesta finalizzata a capire cosa sia successo nel cervello della propria assistita. È troppo facile chiudere la partita bollando Alessia come un mostro bruciandola sul rogo mediatico", hanno commentato gli avvocati Solange Marchignoli e Luca D'Auria, legali della donna in carcere da fine luglio. "La giustizia nega il diritto di difendersi provando - hanno aggiunto i legali -. Come se le neuroscienze fossero qualcosa che può entrare nel processo solo per valutare l'infermità mentale, quando invece studiano i percorsi cognitivi e l'intenzionalità di tutte le attività umane".