Milano, 27 luglio 2022 - Il primo, parziale, esito dell’autopsia sul corpo della piccola Diana, la bimba di 18 mesi abbandonata in casa per sette lunghi giorni, conferma una morte per “consunzione“, conferma cioè che la piccola è stata lasciata morire di fame e di sete. Nello stomaco la bimba aveva una scarsa quantità di materiale, identico, per composizione, a quello che è stato ritrovato sotto il cuscino appoggiato al lettino da campeggio in cui la bimba era stata lasciata dalla madre Alessia Pifferi, ora in carcere.
L'ipotesi: fratture precedenti alla morte
ll materiale deve ancora essere analizzato, solo dopo si potrà capire esattamente di cosa si tratta. I medici dovranno quindi ora fare l’analisi sui prelievi di tessuti e dovranno fare una radiografia sullo scheletro per valutare l’ipotesi di fratture precedenti alla morte. Decisivi saranno, però, anche gli esiti delle analisi della polizia Scientifica sul latte del biberon, trovato accanto alla piccola. Le analisi serviranno ad accertare anche se il latte contenesse benzodiazepine (c’era una boccetta di tranquillante in casa) fatto assumere, questo è il sospetto, dalla Pifferi alla figlia per stordirla ed evitare che piangendo attirasse l’attenzione dei vicini. La bambina è deceduta sicuramente prima delle 48 ore antecedenti al ritrovamento, ma anche su questo i medici saranno più precisi nella relazione finale che depositeranno sul tavolo del pm Francesco De Tommasi. Intanto, il quadro probatorio per la Procura è talmente solido che si arriverà probabilmente nei prossimi mesi ad una richiesta di processo con rito immediato per omicidio volontario pluriaggravato a carico della donna.
Si cerca il papà di Diana
Qualora ci fosse la certezza che la donna abbia usato benzodiazepine, l’imputazione di omicidio volontario si potrebbe aggravare e le verrebbe contestato il dolo pieno e la premeditazione. Nel frattempo i nuovi legali, gli avvocati Luca D’Auria e Solange Marchignoli, hanno affidato l’incarico per la consulenza difensiva ai professori Giuseppe Sartori e Pietro Pietrini, che si sono occupati di parecchi casi di omicidio, tra cui la strage di Erba. "A breve comincerà un lavoro - hanno spiegato i difensori - per capire il percorso mentale che ha potuto portare a un fatto così tragico". Nelle indagini prosegue anche l’esame del contenuto del telefono della Pifferi per ricostruire le sue relazioni ed individuare il padre biologico di Diana che potrebbe essere determinante anche nella conferma di alcune dinamiche. "Non so chi sia", ha fatto mettere a verbale la donna. Gli inquirenti stanno cercando di identificare tutte le persone che hanno avuto in qualche modo a che fare con la donna, per ricostruire un quadro il più attendibile possibile di quanto è successo e per incrociare le dichiarazioni.
Alessia non ha mai chiesto della figlia
La donna davanti al gip Fabrizio Filice ha confessato il movente dell’omicidio, cioè il desiderio di restare il più possibile con il suo nuovo compagno per consolidare la storia, anche a costo di mettere a rischio la vita della figlia. La Pifferi in carcere è sorvegliata a vista, ma per il pm la donna non ha ancora metabolizzato quanto è successo. Non ha mai chiesto nulla della figlia, non si è mai mostrata addolorata per quanto successo. La madre di Alessia, Maria e la sorella Viviana sono attualmente considerate parti offese, bisognerà vedere se il giudice le ammetterà come parti civili. Intanto, in Procura continuano ad arrivare mail di cittadini che chiedono "giustizia".