Alessia Pifferi condannata all’ergastolo: “Da genitore doveva tutelare la figlia. Condotta sbagliata e pericolosa”

I giudici della prima sezione della corte d’Assise di Milano hanno pubblicato le motivazioni della condanna al massimo della pena. L’imputata ritenuta capacità di intendere e volere

Alessia Pifferi è responsabile dell'abbandono e della morte della figlia Diana, di 18 mesi, lasciata da sola per sei giorni e morta di stenti nel suo lettino nell'estate del 2022 a Milano.

Alessia Pifferi, la mamma condannata all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, 18 mesi
Alessia Pifferi, la mamma condannata all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, 18 mesi

Lo sostengono i giudici della prima sezione della corte d'Assise di Milano nelle motivazioni con cui la donna, 38 anni, è stata condannata all'ergastolo lo scorso 13 maggio.

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La madre è "giuridicamente investita, come tutti i genitori, di una specifica posizione di garanzia verso i figli'' che si traduce nell'obbligo ''di tutelare, tra l'altro, la vita e l'incolumità dei minorenni, essendogli espressamente demandato un dovere di cura, mantenimento e assistenza della prole'' si legge nel provvedimento di circa 50 pagine. "La donna sin nell'immediatezza si professava consapevole di aver tenuto, per il suo desiderio di avere propri 'spazi' autonomi, una condotta sbagliata e pericolosa per l'incolumità della figlia. Falso che comprendeva e metteva a fuoco tali circostanze solo a seguito del percorso psicologico seguito in carcere'' evidenziano i giudici che, nel riportare ampi stralci della perizia, ribadiscono la capacità di intendere e volere dell'imputata che per salvaguardare se stessa non ha esitato a mentire.

''Nel caso di specie deve attribuirsi alla Pifferi, con ragionevole certezza, la concreta previsione dell'evento morte della figlia, benché accadimento non intenzionalmente e direttamente voluto'' spiegano i giudici che l'hanno condannata per omicidio volontario aggravato dai futili motivi, ma non premeditato.

"Pifferi, per sua stessa ammissione, aveva certamente coscienza e volontà del disvalore della propria condotta di abbandono e della pericolosità della stessa per Diana, tanto da mentire alla madre ed allo stesso compagno su dove si trovasse la bambina: riferiva alla madre di averla portata con sé, mentre riferiva al compagno che la bambina si trovava al mare dalla sorella''.

Un allontanamento già messo in atto poco prima: ''Nel primo fine settimana di luglio la Pifferi abbandonava Diana dal primo pomeriggio del 2 luglio al tardo pomeriggio del 4 luglio, per poco più di 48 ore; nel secondo fine settimana di luglio l'imputata abbandonava la piccola per circa 72 ore, dal tardo pomeriggio dell'8 luglio e sino all'11 luglio''.

Ma quando l'assenza è durata sei giorni, e mai per i giudici l'imputata ha avuto intenzione di rientrare prima, la piccola Diana era già morta di stenti.