Milano, 15 novembre 2023 – La Procura, il giorno dopo l’ultimo acceso scontro accusa-difesa in udienza, accende un faro sulla relazione depositata dalle psicologhe di parte che hanno condotto i colloqui in carcere con Alessia Pifferi. La 37enne è a processo in Assise, con l’accusa di omicidio pluriaggravato per avere lasciato morire di fame e di sete la piccola Diana di 18 mesi.
Le possibili contestazioni
Per le due psicologhe si profila la contestazione di un duplice reato: falso ideologico e favoreggiamento. Stando a quanto sostenuto dal pm Francesco De Tommasi nell’udienza in Assise, Pifferi in carcere sarebbe stata sottoposta a un test psicologico "non autorizzato", quello che ne avrebbe accertato un deficit cognitivo e un quoziante intellettivo pari a quello di una bambina di sette anni.
Ad oggi, sempre secondo De Tommasi, sarebbe difficile ripercorrere le dichiarazioni rilasciate in cella alle due psicologhe, dalla mamma assassina, perché contrariamente alle norme, le conversazioni da cui le dottoresse hanno dedotto il deficit non sono mai state registrate, non sono quindi riascoltabili, perché di fatto "non esistono".
Psicologhe da indagare?
Si tratterebbe quindi di "accertamenti privi di dignità scientifica", non potendo ora essere esclusi dal processo, poiché già depositati ed acquisiti, si rende necessario, secondo De Tommasi, sentire in aula le due psicologhe, non più come testimoni però, ma come indagate, anche "a loro tutela", nell’eventualità di domande che sottendano un’autoaccusa. Entrambe,comunque, avrebbero già nominato un legale. Sempre secondo il pm i fatti avvenuti a luglio 2022 sarebbero stati “rivisitati” durante il colloquio in carcere: "L’effetto è stato quello di mettere in testa alla mamma killer di non avere alcun tipo di responsabilità per quello che è successo".
Alessia Pifferi, in conseguenza di ciò, avrebbe dato una "versione differente dei fatti rispetto a quella più spontanea che aveva fornito nell’immediatezza dei fatti" che le era valsa la immediata convalida da parte del gip.
Memoria ricostruita
Il percorso di Alessia Pifferi non sarebbe stato quindi "un percorso di assistenza alla detenuta, ma solo di rivisitazione dei fatti contestati in un’ottica difensiva" che ha portato, dopo i colloqui avvenuti prima delle udienze del processo, a una ricostruzione modificata. Nell’interrogatorio di garanzia la Pifferi aveva raccontato di avere lasciato più volte da sola la bambina, correndo il rischio che morisse perché prioritario sulla vita della figlia era assicurarsi un futuro con l’idraulico di Leffe.
Il gip di Milano aveva convalidato il fermo ed emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere ritenendo la donna "pericolosa, capace di atrocità e capace di mistificazioni".
L’inizio dei lavori, che parte da una nuova perizia psichiatrica, a cui parteciperanno anche i consulenti della Procura e della difesa è previsto per il 27 novembre. Il deposito della relazione è fissato nel termine di 90 giorni. La prima sezione della corte d’Assise, con il presidente Ilio Mannucci Pacini, ha rinviato l’udienza al 4 marzo 2024.