DIEGO VINCENTI
Cronaca

Alioscia dei Casino Royale e il caso Leoncavallo: “Non è un luogo, è una storia. Non una minaccia. E Milano gli deve qualcosa”

Il centro sociale occupato pronto a trasferirsi nelle regole. Il frontman “figlio legittimo” del centro sociale riflette sull’ipotesi trasloco. “Credo si possa ragionare sul trasformare l’occupazione in altro, se la proposta è all’altezza”

Alioscia Bisceglia, frontman dei Casino Royale, tra i gruppi cult della scena milanese e il Leoncavallo

Alioscia Bisceglia, frontman dei Casino Royale, tra i gruppi cult della scena milanese e il Leoncavallo

Milano – Milano fratricida. Alioscia lo cantava già nel 1997. Che nonostante il successo di “CRX” (album cult dei suoi Casino Royale), non è che le cose in città andassero via dritte: crescevano le disuguaglianze sociali, il mercato alzava i gomiti. Nei centri sociali si ballava e si resisteva al crollo delle ideologie. O almeno ci si provava. Perché a distanza di trent’anni il paziente è peggiorato. A chi chiedere quindi se non a lui una riflessione sul Leoncavallo e il suo destino? In bilico fra storia e trasloco.

Alioscia, cos’è il Leoncavallo?

“Un luogo di passaggio e di incontro, capace di proporre delle modalità d’ingaggio alternative al mercato e all’intrattenimento. Mi considero un figlio legittimo, pur portando avanti percorsi paralleli”.

Le nottate al centro sociale?

“Fumo, birre, musica. Poi arrivava però il momento di parlare di urbanistica e spazi occupati. Cose così. Magari qualcuno si addormentava pure, ma intanto si stratificava un pensiero critico che accompagna ancora oggi tanti milanesi. Già solo questo pare fantascienza. Anche per questo il Leoncavallo si merita una soluzione sostenibile, distante da qualsiasi offerta speculativa. Credo si possa ragionare sul trasformare l’occupazione in altro, se la proposta è all’altezza della sua storia”.

Della nostra storia.

“Assolutamente. Il Leoncavallo per altro è sempre stato di tutti, non solo di una parte della città. E a differenza ad esempio di Torino dove in certi spazi si percepisce ancora piuttosto alto il livello di tensione e di scontro, è impossibile guardare al Leoncavallo come a una minaccia. Ti ho sorpreso?”.

No, no affatto.

“Poi certo c’è chi va in ansia per il libro di Culicchia su Sergio Ramelli. Ma ci sono pagine del passato che vanno lette in un contesto che inizia a essere distante. E questo vale anche per il Leoncavallo. Le cui pagine si legano alle diverse cornici storiche. Oggi la Milano Medaglia d’Oro della Resistenza, con quella sua natura catto-comunista, non può non trovare una risposta per risolvere una situazione che non ha nulla di minaccioso. Pur rimanendo un luogo fondamentale e vivacissimo di confronto politico e sensibilizzazione”.

Evitato lo sfratto, si parla di un trasloco in via San Dionigi.

“Il Leoncavallo ha già abbandonato diverse sedi, per Milano non è un luogo fisico ma una storia e in questo va considerato patrimonio di tutti. Magari così diventerà un ombrello per tante associazioni, aprendosi nei mesi estivi a una programmazione di concerti all’aperto. Non saprei, difficile da immaginare. Certo la città gli deve qualcosa”.

Cosa intende?

“Che le occupazioni hanno sempre risposto alla mancanza di spazi e al bisogno di far crescere una sensibilità differente, legata al pensiero “do it yourself””. Una sensibilità che ha formato tantissimi professionisti di questa città, dallo spettacolo alla comunicazione. Milano ha sempre preso molto da questo orizzonte, dando nulla in cambio”.

Per molti il Leoncavallo è anche un rifugio.

“Perché appunto parliamo di una città performativa ed escludente. E sai quanti non si riconoscono in questa visione glamour, di cocktail e brillantini? Persone in difficoltà, intelligenze bellissime obbligate a convivere in una casa con quattro persone. Milano ha tanti problemi ma il Leoncavallo non è sicuramente fra questi. Anzi”.

Ci va ancora spesso?

“Ogni tanto. Fa freddo, c’è il cane che gira. Ma rimane lì, con tutti i suoi aspetti incredibili. Ed è un luogo molto più sicuro di certe discoteche, dove non sai cosa ti mettono nel drink e magari finisci in una BMW con quattro tamarri”.

In sintesi?

“Col Leoncavallo ci puoi discutere, puoi passare e decidere di andare poi da altre parti. Ma è la nostra storia e merita di essere protetta, storicizzata. Oltre ad essere ancora un luogo di formazione unico, come gli scout”.

Fa sorridere.

“Ma è così. Poi chiaro, ognuno ha la sua adrenalina, per così dire”.