di Laura Lana
UniAbita, la più grande cooperativa di abitanti con oltre 18mila soci, è un’azienda sempre più al femminile. A partire dal consiglio di amministrazione, che vede 9 donne - tra cui la vicepresidente - e 5 uomini, e dalla direttrice generale Mirca Carletti.
Il resto della squadra com’è formata?
"La maggior parte dei dipendenti è donna. Molte occupano proprio i ruoli apicali, come il capo dell’area finanziaria o la responsabile delle casse. Arriviamo da una riorganizzazione molto impegnativa che ha visto anche riduzione di organico. Tengo in grande considerazione i talenti femminili e la nostra azienda ha bisogno di essere molto flessibile e snella".
In questo le donne rispondono meglio?
"C’è una capacità al cambiamento molto presente, una volontà di nuove esperienze spiccata. Forse anche la voglia di riscatto che abbiamo ci porta a essere più audaci. La presenza femminile per me è una leva nell’innovazione. È un valore aggiunto, non un costo".
Come si attuano le pari opportunità in un’azienda?
"Con prassi quotidiane. Quando si punta su ricerca, sviluppo e merito, questo già mette le donne in un contesto di pari opportunità. Dare occasioni in modo equo deve essere una prassi da mettere in campo tutti i giorni e non solo slogan nelle giornate celebrative".
UniAbita ha a che fare con settori tipicamente maschili.
"Quello delle costruzioni fino a poco fa lo era totalmente. Una volta venni chiamata a mediare perché un subappaltatore aveva problemi. Mi trovai con 7-8 muratori che si rivolgevano solo al mio collega. A quel punto presi il mio block notes e mi congedai. Ci fu silenzio e il mio capo area disse "È da un po’ che cerco di dirvi che il direttore è lei". Forse pensavano che fossi la segretaria. Poi abbiamo ripreso e trovato l’intesa. Serve prima di tutto fare cultura nelle aziende".
Come si fa?
"Insieme a Eva Gabaglio, presidente di Officina11, sono nella Commissione pari opportunità di Legacoop Lombardia. Questo organismo ha lo scopo di sensibilizzare politiche di genere attraverso la condivisione di buone pratiche. Abbiamo progetti che riguardano la formazione di gruppi dirigenti e nelle assemblee per l’approvazione dei prossimi bilanci vorremmo caldeggiare l’adesione a un protocollo d’intesa unitario per il sostegno e la difesa delle donne".
Cosa ostacola un modello inclusivo?
"La mancanza di servizi pubblici. Io non ho figli e, oggettivamente, non credo che sarei arrivata dove sono se fossi stata madre anche per la mancanza di servizi di conciliazione casa-lavoro".