Milano – Nessuna sottovalutazione dei problemi che il territorio propone: che i reati da strada siano in aumento è semplicemente un dato di fatto, non solo percezione. La questione sicurezza va affrontata in maniera chirurgica, con interventi “sartoriali” che originano dallo studio dei fenomeni: non esiste una ricetta buona per tutto, men che meno i presìdi fissi che qualcuno evoca come panacea di tutti i mali. E poi non è solo una questione di forze in campo: il tema va declinato su vari fronti, che sia quello culturale o quello che mira a intercettare i problemi psichici di chi vive per strada o il disagio di giovani e giovanissimi, che siano italiani, di seconda generazione o minori non accompagnati. Dall’osservatorio di via Moscova, il generale Iacopo Mannucci Benincasa, da quasi tre anni a capo dei carabinieri del Comando provinciale di Milano, snocciola statistiche, osserva mappe e analizza i dati sulla criminalità dei primi sette mesi del 2023.
Cosa dicono i numeri?
"Faccio una premessa: Milano è una città che costituisce un palcoscenico particolare e di rilievo nazionale. E c’è un’attenzione altrettanto alta da parte del Governo, che ha previsto un notevole incremento di organico: basti dire che negli ultimi 14 mesi sono arrivati 380 carabinieri in più nel territorio del Comando provinciale, di cui 160 in città. Questo dà l’idea di quanto sia importante questa metropoli: al momento, l’Arma ha più unità di quelle previste in pianta organica. Detto questo, ci sono reati che ci preoccupano e il cui incremento è innegabile: gli scippi sono aumentati del 10%, i reati su strada in generale del 6%. Se poi entriamo nel particolare, ci sono altri dati da considerare".
Quali?
"Il 97% degli arrestati per furti con destrezza o con strappo è di origine straniera. Una percentuale che si attesta all’83% per le rapine su pubblica via. Poi c’è un’importante componente di minori: 47 su 291. Sono cifre che si possono interpretare in un modo o nell’altro, ma che sono incontestabili dati di fatto".
Cosa ci dicono?
"I numeri vanno analizzati caso per caso, quartiere per quartiere: non esiste un’interpretazione unica. Prendiamo la zona che ruota attorno alla Centrale, che si estende fino a via Benedetto Marcello da un lato e fino a Porta Venezia dall’altro. In questo quadrante della città, siamo impegnati da gennaio con l’operazione “Alto impatto”, che prevede servizi dedicati più volte a settimana. L’impegno costante ha portato risultati importanti, ma bisogna proseguire. Le principali problematiche sono generate da irregolari, che vivono ai margini e a volte manifestano disagi psichici. È uno dei casi in cui sicurezza non può far rima solo con presenza delle forze di polizia: servono anche progetti aggregativi come la pista di ghiaccio dell’anno scorso in piazza Duca d’Aosta per rendere viva la zona e strappare terreno al degrado".
Discorso diverso vale per le zone della movida.
"Quelle aree, da corso Como ai Navigli, offrono spazi che fanno da acceleratore di determinate problematiche. Da un lato, ci sono i giovani che vogliono divertirsi. Dall’altro, ci sono ragazzi isolati o in gruppi che approfittano di quei momenti per commettere reati, a volte con un uso della violenza spropositato che aumenta la paura: oltre al danno del furto di una collanina, c’è il timore di subire conseguenze fisiche. Spesso a colpire sono giovani e giovanissimi. Basti pensare al caso di ieri notte: due sedicenni, un tunisino e una marocchina a Milano da soli, hanno rubato in due esercizi commerciali tra via Castaldi e via Filzi; la minorenne aveva un coltello con sé".
Problemi così eterogenei richiedono strategie differenti?
"Non c’è una ricetta buona per tutto, bisogna studiare i fenomeni e trovare le giuste soluzioni. Mi sento di dire che il presidio fisso non risolve nulla, sposta solo il problema qualche decina di metri più avanti. Un aiuto determinante può arrivare dalla tecnologia, ormai indispensabile per le nostre indagini: servono sistemi di videosorveglianza efficienti e capillari; e prima o poi, è solo questione di tempo, bisognerà implementare pure il riconoscimento facciale. È uno strumento che abbiamo a disposizione e che va usato, ovviamente garantendo l’assoluta tutela dei dati acquisiti. Senza dimenticare il rapporto con i cittadini".
A cosa si riferisce?
"Al rapporto costante con associazioni e comitati di quartiere: è necessario tenere sempre vivo il confronto, perché alla fine il nostro primo obiettivo è quello di dare risposte ai cittadini. Al di là delle statistiche".