MARIO CONSANI
Cronaca

Amianto, prima condanna definitiva a Milano

Vittima un falegname deceduto sei anni fa per un mesotelioma pleurico

Rimozione di amianto dai tetti

Rimozione di amianto dai tetti

Milano, 16 marzo 2018 - C'è una condanna penale definitiva anche a Milano per una morte d’amianto. Certo Giuseppe S., deceduto sei anni fa, non era operaio in una delle grandi fabbriche della periferia come Breda, Falck o Pirelli. Lavorava in una piccola falegnameria sui Navigli, anche lui però morì di mesotelioma pleurico e la Cassazione nei giorni scorsi ha confermato la condanna a un anno di reclusione inflitta dal tribunale al suo datore di lavoro.

Forse è il primo verdetto per morte d’amianto contro il proprietario di un laboratorio artigiano, una delle prime condanne in assoluto pronunciate in questa materia da un tribunale penale milanese (nona sezione, giudice Elisabetta Canevini) e confermata dalla Suprema Corte. Franco R., 65 anni, titolare della ditta Effe Erre, era accusato di omicidio colposo per inosservanza delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. A metà degli anni ’80 il suo laboratorio produceva diversi tipi di mobili per interno, e ad aiutarlo c’era il dipendente Stranisci, che trent’anni dopo, ormai settantenne, si sarebbe ammalato fino a morirne di quella tipica malattia legata alle micidiali fibre. Tra l’85 e l’89, S. aveva lavorato a una particolare linea di mobili trattando strutture tubolari di cemento-amianto che dovevano essere tagliate per ridurle alla misura idonea a sostenere i mobili, poi forate e tassellate. Tutti lavori che liberavano fibre d’amianto «in assenza di qualsivoglia accorgimento a tutela della propria salute», come contestava l’accusa formulata a suo tempo dal pm Maria Letizia Mocciaro. Stando ai giudici, furono diverse le norme in materia di sicurezza sul lavoro che il falegname-imprenditore non osservò. Per esempio non aver adottato misure per impedire lo sviluppo e la diffusione delle polveri e non aver tenuto i locali puliti «in modo da ridurre al minimo il sollevamento». E non aver deciso «la separazione dei lavori nocivi con le altre lavorazioni», omettendo così anche «tutte le misure tecniche necessarie». Il mesotelioma pleurico impiegò più di trent’anni a manifestarsi. Ma da quando gli venne diagnosticato, al povero S. non rimasero che sei mesi di vita.