CLAUDIO NEGRI
Cronaca

Amore crudele tra la naja e la nevicata

Negri Non c’era molto da dire, su quella storia. Anche se lui, con la dolente prolissità dei giovani, avrebbe voluto...

Non c’era molto da dire, su quella storia. Anche se lui, con la dolente prolissità dei giovani, avrebbe voluto...

Non c’era molto da dire, su quella storia. Anche se lui, con la dolente prolissità dei giovani, avrebbe voluto...

Non c’era molto da dire, su quella storia. Anche se lui, con la dolente prolissità dei giovani, avrebbe voluto raccontarla a tutti e più volte. La morosa lo aveva lasciato a settembre. A dicembre era partito per la naja, centro addestramento reclute di Savona. Alla vigilia di Natale, bontà della guerra fredda, gli avevano dato 36 ore di permesso. Arrivò alla sera, in divisa, magro come un picco. Nella brigata degli amici c’era anche lei, ma non era sola: un altro le stava (assai) vicino. Erano presi in un loro altrove tenero e a un certo punto si baciarono, quasi davanti a lui. Ecco, la storia sarebbe già finita qui, con la sua spiccia, evidente morale a rimorchio. E cioé: mai andare in licenza alla vigilia di Natale se la morosa ti ha appena lasciato per un altro della compagnia e te lo vuole certificare alla prima occasione. Quasi per accanimento terapeutico, se mai lui avesse sperato in un ritorno. L’avranno fatto apposta? Vien da ridere solo a chiederselo, ma lui non era certo di buonumore e questa storia dovrebbe finire davvero qui. Ma c’era, attorno a quell’istante lancinante tutta una rappresentazione altrettanto bella e intollerabile: dal cielo di tenebra fumosa, in quel preciso momento, cominciò a sfarfallare qualche fiocco per la neve dei lupi, dei cani e dei cristiani; un amico musicista, dal marciapiede opposto, aveva soffiato nel sax le prime note di Auld Lang Syne, il Valzer delle Candele; tutto il resto, nel vecchio gelo lombardo, si adeguò perfettamente. Anche il loro bacio: non era un semplice sfioro di labbra, ma c’era dentro un fervore, una forza esibita, una foga quasi agonistica, una gara a eliminazione del resto del mondo, una singolarità suprema e via discorrendo. No, non poteva finire lì: quel contorno crudele e bello se lo tenne tra cuore e memoria, come un dolore innervato. La notte di Santo Stefano, in caserma, nella sua branda vicino alla finestra lui non dormì fino a quando le stelle non si offuscarono. E la neve scese anche su Savona.