Per più di sei mesi non le sarebbe stato consentito di comunicare con la famiglia in Italia. Poi detenuti con il "guinzaglio" ai polsi, obbligo di guardare il muro durante le soste nei corridoi, "malnutrizione", scarafaggi, topi e cimici nelle celle e nei corridoi, "una sola ora di aria al giorno". È la descrizione delle condizioni carcerarie in Ungheria contenuta in una lettera inviata ai suoi legali milanesi, Eugenio Losco e Mauro Straini, da Ilaria Salis, la militante anarchica milanese arrestata lo scorso febbraio a Budapest per lesioni nei confronti di alcuni esponenti dell’estrema destra durante una contromanifestazione.
La missiva, 18 pagine scritte a mano, è stata depositata alla Corte d’Appello di Milano dai difensori per chiedere di non dare esecuzione al mandato d’arresto europeo, e quindi al trasferimento in un penitenziario ungherese, di Gabriele Marchesi, coindagato di Ilaria Salis e arrestato qualche giorno fa. Il caso di Marchesi, il quale nella prima udienza dopo l’arresto non ha prestato consenso al trasferimento in Ungheria e, con il parere positivo del pg, è stato posto ai domiciliari, verrà discusso il prossimo 5 dicembre. Le condizioni detentive a Budapest descritte nella lettera del 2 ottobre scorso, sono più o meno le stesse al centro della sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo del 2015.
La giovane, tra l’altro, denuncia anche: "Per più di 6 mesi non ho potuto comunicare con la mia famiglia" e di essere "stata costretta a indossare", in occasione dell’interrogatorio, avvenuto "senza avvocato", vestiti "sporchi, malconci e puzzolenti".