Andrea Beretta, l’ex capo ultrà dell’Inter: “Nessuna minaccia ai dirigenti, sui biglietti di Istanbul accordo tra società e questura”

Il 49enne in carcere per l’omicidio di Antonio Bellocco ha parlato col suo avvocato in vista dell’interrogatorio di garanzia previsto per mercoledì

“Con la società c'era un rapporto trasparente. Era a conoscenza delle problematiche e ci siamo sempre interfacciati con i responsabili della sicurezza e dei rapporti con le tifoseria per risolvere tutte le questioni. Nessuno ha mai fatto pressioni e minacce. Quando c'era bisogno di più biglietti li chiedevamo, quando c'era da organizzare trasferte ci rivolgevamo a loro”. Queste le parole di Andrea Beretta, ex leader della curva Nord, tra i destinatari dell'ordinanza che ha decapitato i vertici ultrà di Inter e Milan, parlando oggi con il suo difensore, l'avvocato Mirko Perlino, durante un colloquio in carcere.

Andrea Beretta, ex leader della curva nord interista, raggiunto in carcere da un mandato di arresto per gli affari criminali nel mondo ultras milanese
Andrea Beretta, ex leader della curva nord interista, raggiunto in carcere da un mandato di arresto per gli affari criminali nel mondo ultras milanese

Verso l’interrogatorio

Beretta, in cella anche per l'omicidio di Antonio Bellocco, è tra coloro che rispondono, tra l'altro, di associazione per delinquere con l'aggravante di aver agevolato la 'ndrangheta e dovrebbe essere il primo dell'elenco degli arrestati che a partire da mercoledì saranno interrogati dal gip Domenico Santoro.

I biglietti della finale

Stamane, parlando con il legale, ha spiegato anche la sua versione sui biglietti per la finale di Champions a Istanbul: «Avevamo fatto una richiesta iniziale ma ce ne sono stati proposti meno della metà. Allora per evitare di lasciare la metà dei tifosi a casa abbiamo detto 'non va nessuno’. Poi invece la società in accordo anche con la Questura è riuscita ad ottenere i 1500 biglietti». Inoltre, come ha spiegato l'avvocato Perlino, «anche dall'attività di indagine è emerso che il mio assistito non aveva alcun rapporto con esponenti delle famiglie calabresi. Lui si interfacciava soltanto con Marco Ferdico, chiamato il 'front man', e che lo ha sostituito per via della notifica di un daspo per 10 anni.