NICOLA PALMA
Cronaca

Andrea Beretta, le coltellate a Bellocco e il segreto sull’omicidio di Boiocchi: "Dello ‘Zio’ non parlo”

L’inchiesta sull’omicidio del rampollo di ‘ndrangheta a Cernusco. Il capo della Curva Nord dell’Inter: entrati in auto mi ha detto ‘Ammazziamo te e la tua famiglia’

Il capo ultrà della Curva Nord Andrea Beretta e, a destra, l'automobile in cui è avvenuto l'omicidio

Il capo ultrà della Curva Nord Andrea Beretta e, a destra, l'automobile in cui è avvenuto l'omicidio

Milano – “Cos’è questa storia che mi volete ammazzare?". Ore 10.45 di mercoledì, via Besozzi a Cernusco sul Naviglio. Il capo della Nord Andrea Beretta è appena entrato nella Smart di Antonio Bellocco, rampollo di una delle più potenti famiglie della Piana di Gioia di Tauro e sempre più influente nelle dinamiche che ruotano attorno al secondo anello verde di San Siro. Beretta è convinto che il trentaseienne di San Ferdinando voglia "farmi la pelle": qualcuno gliel’ha confidato qualche giorno prima (e pare che quella soffiata avesse fondamento), dandogli la possibilità di anticipare le mosse del rivale e di presentarsi "preparato" all’eventuale appuntamento (con una calibro 9x21 con matricola abrasa e una lama a serramanico). "Sì, ammazziamo te e la tua famiglia", avrebbe risposto Bellocco alla prima domanda, almeno nella versione che il quarantanovenne pluridaspato, assistito dall’avvocato Mirko Perlino, ha dato ai pm Sara Ombra e Paolo Storari tre giorni fa al San Raffaele. "Figlio di p., non ho paura di te", la replica di Beretta.

Antonio Bellocco (con gli occhiali), Andrea Beretta e a destra Marco Ferdico
Antonio Bellocco (con gli occhiali) e Andrea Beretta

Una telecamera che riprende il parcheggio interno della palestra Testudo immortala la Smart che va in retromarcia e poi scatta all’improvviso in avanti, fuori controllo. La portiera sinistra si apre: nell’abitacolo, sostiene Beretta, Bellocco riesce in qualche modo a disarmarlo, ma lui gli salta addosso armato di coltello e lo ferisce più volte. Nella colluttazione, il capo ultrà finisce a terra, fuori dal veicolo: è in quel momento, secondo le spontanee dichiarazioni rese ieri da "Berro" al gip Lorenza Pasquinelli, che viene ferito all’anca sinistra da un proiettile esploso dall’arma impugnata da Bellocco; ed è verosimile che negli stessi istanti il caricatore si sfili dalla pistola, finendo sull’asfalto. Poi, lo testimoniano i filmati dell’occhio elettronico, Beretta rientra dal lato passeggero e probabilmente (quello che succede all’interno della macchina non si vede) infierisce ancora sul trentaseienne di San Ferdinando, fin quando due uomini usciti dalla palestra riescono a placare la furia. 

Tra oggi e domani, il giudice depositerà l’ordinanza di convalida del fermo per omicidio e detenzione illegale della pistola 9x21 e la misura cautelare del carcere; Beretta è attualmente detenuto a Opera. Sul motivo delle tensioni via via crescenti con Bellocco, "Berro" avrebbe fatto genericamente riferimento a screzi sulla divisione degli utili del negozio di merchandising di Pioltello, senza approfondire ulteriormente l’argomento. Il sospetto della Procura e dei carabinieri del Nucleo investigativo di via Moscova, che attendono per lunedì i primi risultati dell’autopsia sul cadavere del trentaseienne, è che in ballo ci fossero ben altri interessi economici: quelli legati all’indotto "nero" del Meazza.

Beretta, da tempo ai vertici della Nord, sarebbe stato a lungo al centro di quegli affari sotterranei, come ipotizzato anche in un’indagine della Digos del 2019 poi archiviata. Soprattutto nel breve regno di Vittorio Boiocchi, di cui è stato braccio destro e "comandante in campo" dopo il ritorno in grande stile dello "Zio" nel 2018 e da cui ha ereditato lo scettro dopo l’uccisione (ancora senza colpevoli) del sessantanovenne il 29 ottobre 2022 sotto casa a Figino. "Boiocchi? Di questo non parlo", avrebbe chiarito agli inquirenti nelle scorse ore. Un Daspo decennale lo teneva forzatamente lontano da San Siro, ma aveva ancora molto potere (e fedelissimi) in Curva: a novembre sarebbero scaduti i termini della sorveglianza speciale, facendo cadere il divieto di soggiorno che gli inibiva accesso e libertà di manovra a Milano. O meglio, in teoria glieli inibiva, visto che i militari gli hanno trovato addosso un documento falso che potrebbe aver utilizzato per recarsi più volte nel capoluogo. Quella carta d’identità era sconosciuta agli archivi delle forze dell’ordine: segno che le incursioni di "Berro" non sono mai state intercettate.