
VIA EUSTACHI Angelo Maria Perrino nella redazione di Affaritaliani.it A sinistra riceve l’Ambrogino e a destra in tv con Giancarlo MagalliAl quotidiano online lavorano 14 assunti
Milano, 9 novembre 2014 - «Ho realizzato il sogno di tanti giornalisti, quello di essere padroni di se stessi». Lo racconta Angelo Maria Perrino, fondatore e direttore del quotidiano online affaritaliani.it che quest’anno compie 18 anni e li celebrerà con una grande festa di compleanno il prossimo 13 novembre. Un’occasione anche per presentare la nuova versione.
Allora come ci si sente da maggiorenni? «Pieni di entusiamo, è come spiccare un tuffo da un trampolino ancora più alto. Ho sempre creduto in internet e la crescita di affaritaliani.it dimostra come il web conferisca all’informazione quella libertà che altrove è difficile da trovare».
Affaritaliani.it è stato registrato l’11 aprile 1996 e si definisce “il primo quotidiano italiano online”, ma il suo primato è conteso dall’Unione Sarda. E’ vero? «Sì, prima di noi era partito l’editore Nichi Grauso, ma trasferendo sul web i contenuti del quotidiano cartaceo l’Unione Sarda. Noi, invece, siamo nati solo nel web e non ci siamo più fermati».
Caratteristiche del sito, premiato con l’Ambrogino d’oro nel 2011? «Raccontiamo ciò che accade tenendo come bussola l’economia, secondo l’insegnamento marxiano che vede la politica e la cultura come sue varianti. Sveliamo la struttura dei fenomeni con un linguaggio essenziale, senza aggettivi, mai in prima persona».
E la concorrenza dei social? «Siamo anche su Facebook e Twitter. Proprio dai social ho imparato che bisogna seguire i lettori, mai aspettare che arrivino. E i numeri ci danno ragione: abbiamo circa 150 mila utenti al giorno, con una media di permanenza per ogni accesso di circa 7 minuti».
Ce la fate da soli? «Ci finanziamo con la pubblicità. Ora la redazione è di 14 giornalisti, assunti a tempo indeterminato con contratti della Fnsi. Io stesso non ho uno stipendio da direttore, bensì da caporedattore. Ma non c’è alcun sacrificio, quello che ottengo in cambio mi ripaga in abbondanza».
Che vuol dire? «Facciamo giornalismo in autonomia, senza la pressione di quei poteri forti che hanno stritolato la stampa tradizionale facendone uno strumento di lobbying, per aggiudicarsi fette di potere soprattutto finanziario e politico».
E pensare che avete cominciato in due locali in via Eustachi a Milano. «E qui siamo rimasti. Eravamo al piano terra di via Eustachi 11. Oggi siamo al quinto piano dello stesso stabile, ma in spazi più ampi. La società è sempre la stessa, in cui avevo investito 20 milioni delle vecchie lire, parte della mia liquidazione da Milano Finanza».
I suoi esordi nel giornalismo, però, come praticante a Panorama di Lamberto Sechi? «Sì, ci entrai come stagista nel 1977. E catturai l’attenzione di Sechi scrivendo un articolo con i prezzi completi delle auto, mentre allora le cifre venivano pubblicate senza Iva, per cui bisognava andare dal concessionario per sapere il costo finale».
Dal calcolo dell’Iva arrivò l’assunzione? «Sì, poi mi sono occupato di tutto, dalla giudiziaria alla politica, arrivando alla qualifica di inviato».
E nel 1986 al Giorno? «Quell’anno il direttore di allora, Lino Rizzi, mi assunse, insieme a Giancarlo Mazzuca che veniva dal Corriere (attuale direttore del Giorno, ndr) e Vittorio Testa da Repubblica. Appena arrivato misi a segno uno scoop mondiale. Sul Giorno, fui il primo e l’unico a rivelare all’indomani della morte, che nel carcere di Voghera Michele Sindona dopo aver bevuto il caffé urlò che l’avevano avvelenato e poi stramazzò al suolo».
Intanto sta preparando una nuova versione di affaritaliani.it? «Sì, ci saranno nuove sezioni dedicate al marketing e agli animali. Poi cambieremo la grafica. Sempre all’insegna dell’obiettività e dell’informazione senza filtri. Il sogno è di quotare il sito in borsa».
Un consiglio ai giovani che vorrebbero fare i giornalisti? «Accumulare esperienze all’estero. Il problema in Italia è che la casta si è mangiata tutto: il segnale visibile è l’aumento sbalorditivo del debito pubblico, mentre quello che non si può misurare, anche se reale, è la morte di qualsiasi iniziativa. Renzi è ambizioso, ha coraggio ma ha pochi margini perché le risorse sono agli sgoccioli. I giovani dovrebbero fare come nel nord Europa, rifiutarsi di accollarsi il debito accumulato dagli altri».
di Massimiliano Chiavarone
mchiavarone@yahoo.it