È una storia di doppia disperazione quella che si nasconde dietro il delitto di Massalengo. A finire in carcere, con l’accusa di omicidio volontario, Francesco Vailati, un agricoltore sessantenne di Lodi, che giovedì avrebbe incontrato il commercialista di Melegnano Antonio Novati nel piazzale del cascinale dove è nato e ha sempre vissuto. Il professionista era andato a comunicargli la data in cui avrebbe dovuto lasciare definitivamente quell’abitazione: una casa, e i terreni circostanti, venduti lo scorso 17 febbraio all’asta con una procedura curata dal figlio della vittima, anche lui commercialista, delegato dal Tribunale del capoluogo alla cura della pratica.
È questo il probabile movente che ha portato Vailati a colpire a morte, con sette fendenti, Novati. Non era la prima volta che l’agricoltore incontrava il professionista, dato che lo aveva frequentato in tutte le varie fasi della procedura sfociata nell’asta. Ma, stavolta, stando alle accuse, ha realizzato che avrebbe dovuto, senza ulteriori proroghe, andarsene per sempre da quella casa in cui aveva vissuto con i genitori, ormai scomparsi. A quel punto sarebbe scattata la furia omicida: l’uomo avrebbe brandito il primo coltello che gli è capitato a tiro - arma non ancora ritrovata malgrado le ricerche dei carabinieri - colpendo a più riprese il 75enne. Una volta commesso l’omicidio avrebbe caricato il cadavere sul sedile posteriore dell’auto della famiglia Novati, appoggiandone la testa sul seggiolino del nipotino, che era a casa, per poi guidare per qualche chilometro fino alla cascina Scappadina di Massalengo.
Qui avrebbe lasciato la vettura tornando a casa a piedi, con molte tracce di sangue sui vestiti e sul corpo. Non a caso a carico del 60enne - sottolinea la nota del procuratore di Lodi, Maurizio Romanelli - "pendono gravi indizi di colpevolezza". A portare gli investigatori sulla pista giusta sarebbero state proprio le tracce di sangue trovate dai carabinieri sul luogo del delitto, gli accertamenti sugli abiti indossati dall’indagato, l’analisi degli impianti di videosorveglianza di Massalengo e dintorni, insieme alle numerose testimonianze e all’interrogatorio del 60enne, che avrebbe fatto diverse ammissioni. Ora l’uomo si trova nel carcere Cagnola di Lodi. Antonio Novati avrebbe potuto essere in pensione, ma amava troppo il suo lavoro e quindi aveva continuato a collaborare con il figlio salvandogli, forse, in questo caso, anche la vita. Non sono stati finora ritrovati nemmeno la valigetta e il telefonino della vittima. L’autopsia sul corpo di Novati è nel frattempo slittata a lunedì e si terrà all’Istituto di Medicina legale di Pavia.