SIMONA BALLATORE
Cronaca

La città del futuro? Il paesaggista Antonio Perazzi: “Con giardini per le persone. A Milano servono abitanti-giardinieri e maggiori spazi comuni”

Le sfide del clima, della manutenzione e le specie-alleate contro lo smog: “Necessario un cambio di prospettiva”

Antonio Perazzi, paesaggista e scrittore, nel Giardino di Piuca con Lillo

Antonio Perazzi, paesaggista e scrittore, nel Giardino di Piuca con Lillo

Milano – “A Milano serve un cambio di prospettiva: i giardini milanesi devono essere giardini per le persone”. Antonio Perazzi, paesaggista e garden designer, progetta giardini e scrive di natura.

Quali sono le sfide e le prospettive dell’architettura del verde in città?

“I giardini devono essere luoghi d’incontro, in cui venire a stretto contatto con le eccellenze, come succede all’orto botanico, ma non solo. Per avere un bel giardino ci vogliono bravi giardinieri, va mantenuto, rispettato, conservato e non solo dai giardinieri del Comune ma anche dalle persone che lo frequentano. È importante dare ai cittadini la possibilità di fare parte del cambiamento: i milanesi si devono trasformare in “giardinieri“”.

I giardini ridisegnano la città?

“Sì, e allo stesso tempo danno voce a un senso di appartenenza. Anche nei progetti urbani che sto firmando a Milano insisto molto sull’aspetto del condividere gli spazi. L’ho fatto a BiM, nei giardini di via Brisa, lo sto facendo con i giardini del nuovo headquarter di Snam, dove da un luogo privato se ne fa uno pubblico, che dà qualità allo stare all’aperto”.

Accanto a BiM c’è il vivaio di Bicocca: anche le università stanno creando laboratori a cielo aperto dove studiare l’impatto del verde. Col cambiamento climatico in corso, va cambiato approccio?

“Sicuramente sì. Siamo in un momento di grande cambiamento, in cui ci si deve aprire a nuove specie: può sembrare un tema controcorrente e una provocazione, ma non lo è affatto. Ricordiamoci che una cosa è conservare la biodiversità, dobbiamo essere i primi a farlo ma, essendo la città un luogo artificiale, abbiamo bisogno di alleati preziosi, performanti. Bisogna usare piante che riescano a filtrare l’aria e ad abbassare le polveri sottili, che riescano a “fare fresco“ e a crescere anche con poca manutenzione, perché - altro tema - dedichiamo sempre troppo poca manutenzione”.

Quali piante si adattano meglio alla città oggi?

“I cataloghi delle piante vanno cambiati. Penso a piante che resistano all’inquinamento e che riescano anche a migliorare l’ambiente, ad alberi capaci di crescere velocemente e che facciano ombra. Posso citare il Ginko, che è una pianta fossile ma molto capace di adattarsi. Bisogna aprirsi a piante che vengono da latitudini più meridionali, perché ormai le temperature in città sono molto più alte di una volta. Si possono utilizzare frassini e piante del centro e del Sud che prima non si usavano a Milano. Penso anche a piante che riescono a fare una grande massa di vegetazione in pochissimo tempo su un suolo piuttosto generico, come il bambù, che tra l’altro ha la capacità di filtrare l’aria più del doppio rispetto a qualsiasi altra pianta e riesce così a offrire un grandissimo servizio a Milano. E penso a tutte le piante pioniere, che nascono spontaneamente”.

A questo proposito, giusto mantenere più “selvaggi“ i giardini? Altro tema molto dibattuto.

“E a cui ho tengo e ho dedicato l’ultimo libro: La natura selvatica del giardino - Elogio delle erbacce. Molte volte noi pensiamo che un giardino sia un costo, ma in verità - se facessimo un esperimento e lasciassimo la natura fare da sola in un luogo controllato ma in cui è libera di formarsi - scopriremo che a bassissimo costo, senza andare contro la natura, riusciamo a ottenere altissimi risultati. È l’obiettivo verso cui dobbiamo andare”.

Quest’anno, con Radicepura, il festival internazionale di giardinaggio di cui è direttore artistico, avete creato un “ponte verde“ tra Milano e Giarre, in Sicilia. E un giardino sarà anche donato alla città. Perché?

“Crediamo moltissimo nella condivisione: il giardino è la persona che ci sta dentro. E la città, in un certo senso, è l’evoluzione del giardino. Potere creare questo legame con Milano ci rende molto orgogliosi, perché crediamo moltissimo nel progetto, nell’aspetto della coltivazione delle piante e nel rapporto sincero con la natura, di cui non siamo solo spettatori, ma facciamo parte. Il tema di questa edizione è “Chaos“, inteso come forza generatrice o non come disordine. Come un piacevole caos dove ritrovarsi, perdersi e ritrovarsi ancora”.