
L'esterno del Pio Albergo Trivulzio
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Per la «strage dei nonni», i settecento anziani morti, quasi tutti di Covid, nelle Rsa lombarde non c’è alcun colpevole perseguibile, secondo la procura di Milano. Come dire: c’era una pandemia, carenze medico-assistenziali sì, forse, come hanno evidenziato le perizie dei superesperti nominati dalla stessa procura, ma non ci sono reati, perché non si può dimostrare che quelle morti siano state dirette conseguenza di quelle condotte. E così il dipartimento guidato dall’aggiunto Tiziana Siciliano ha chiesto al gip l’archiviazione per i circa quattrocento decessi al Pio Albergo Trivulzio, la storica residenza per anziani che i milanesi chiamano «Baggina» e per quelli avvenuti all’interno delle altre residenza sanitarie assistite.
Ora spetterà ad un gip decidere se accogliere l’istanza, firmata anche dai pm Mauro Clerici e Francesco De Tommasi, per la posizione dei vertici del Pat: l’ex dg Giuseppe Calicchio indagato per omicidio colposo ed epidemia colposa e per lo stesso ente iscritto per la legge sulla responsabilità amministrativa. Per la procura di Milano, pur nell’innegabile dramma umano, manca il nesso causale tra la morte e la condotta. Gli anziani sono morti per Covid, ammesso che sia possibile accertare caso per caso, perché nel periodo critico, su ordine del capo della procura Francesco Greco non si potevano fare autopsie, ma scrivono i pm nella richiesta di archiviazione: «Non c’è alcuna evidenza di condotte colpose o comunque irregolari, causalmente rilevanti nei singoli decessi, in ordine all’assistenza prestata». Anzi «con riguardo ai singoli casi, neppure sono state accertate evidenze di carenze specifiche, diverse dalle criticità generali riguardo le misure protettive o di contenimento del Covid che possono con verosimiglianza avere inciso sul contagio».
Certo, poi, le chat acquisite dimostrano che i vertici dell’ente volevano evitare «allarmismi» e «occultare» più che «risolvere le difficoltà». Calicchio in un messaggio del 16 marzo 2020, come si legge nelle 30 pagine dell’istanza, scriveva: «Dopo gli 80/85 anni a che pro fare il tampone? Se lo vuoi o paghi o assicurazione. A cose serve sapere se è Covid?». Allo stesso tempo, però, «non è possibile - scrive la Procura - dire quanto abbia inciso nella diffusione della malattia, l’inserimento di pazienti provenienti da ospedali esterni (...) né l’ordine impartito in alcuni casi di non indossare mascherine». E pure «l’impossibilità di tracciare con ragionevole certezza il percorso del virus nei reparti è un ostacolo insuperabile per la dimostrazione rigorosa e specifica del nesso causale». In parole semplici: tutti colpevoli, nessun colpevole.
All’avvento di una pandemia tutti, medici compresi, erano impreparati. Tutte le rsa, non solo quelle lombarde, hanno seguito le direttive che parevano più giuste al momento. Anche le indagini su altre rsa milanesi (come quelle aperte da altre Procure) si avviano quindi a richieste di archiviazione. Ora spetterà al gip decidere se archiviare, disporre nuove indagini o procedere con una imputazione coatta. I familiari potranno invece fare opposizione.