Milano, borse di lusso e contanti in favore di appalti: rimangono ai domiciliari il generale Liporace e l’imprenditore De Vellis

Il tribunale del riesame ha respinto il ricorso presentato dai difensori e ha confermato la misura vero Oreste Liporace e Ennio De Vellis, indagati per corruzione e turbativa d’asta

Da sinistra, il generale dell'Arma Oreste Liporace e l'imprenditore Ennio De Vellis

Da sinistra, il generale dell'Arma Oreste Liporace e l'imprenditore Ennio De Vellis

Milano, 27 luglio 2024 – Un vero terremoto nell’Arma quando a inizio luglio un generale dei carabinieri, Oreste Liporace, è finito agli arresti domiciliari nell’ambito di un’indagine per corruzione e turbativa d’asta nata a Milano e con conseguenze nel Lazio; insieme a lui era finito al centro delle indagini anche l’imprenditore Ennio De Vellis.

Oggi il tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso presentato dai difensori e ha confermato le misure degli arresti domiciliari nei confronti di Liporace e l’imprenditore Ennio De Vellis, indagati nell’inchiesta per corruzione coordinata dal pm Paolo Storari e condotta dal Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano sui presunti appalti truccati in cambio di tangenti e regali. 

Liporace e De Vellis, indagati a vario titolo per i reati di traffico di influenze illecite, emissione di fatture per operazioni inesistenti, corruzione e turbata libertà degli incanti, si erano difesi nell'interrogatorio di garanzia, respingendo le accuse. A quanto emerso dalle indagini, grazie a loro gli imprenditori William e Massimiliano Fabbro (indagati e che hanno collaborato) avrebbero ottenuto, fino al 2021, i servizi di pulizia, anche della piscina, della caserma di Velletri in cui Liporace era comandante reggimento Allievi Marescialli e Brigadieri.

Quest'ultimo poi avrebbe ottenuto in cambio 22mila euro, borse Louis Vuitton, noleggi auto e biglietti per lo stadio Olimpico e per la Scala di Milano. Davanti al gip Domenico Santoro, avrebbe parlato di un frequente "scambio di regali" che aveva con i fratelli Fabbro. Nella stessa occasione, De Vellis aveva sostenuto di non avere avuto alcun ruolo negli appalti della caserma, respingendo anche l'accusa di traffico di influenze illecite in relazione ad appalti del Dis (Dipartimento informazioni e sicurezza) e sminuendo il suo rapporto con Lorenzo Quinzi, da gennaio scorso capo del dipartimento per gli affari generali e la digitalizzazione del Ministero delle Infrastrutture, indagato per corruzione e turbativa.