ANNA
Cronaca

Architettura a rischio Sgarbi sta con i residenti "Non si può demolire il Garage delle Nazioni"

Sul gioiello di Cassi Ramelli, coetaneo della vicina Torre Velasca pende (da ormai sei anni) la decisione della proprietà attuale. Il sottosegretario: "A Milano il Novecento è sacro, non si tocca".

Architettura a rischio Sgarbi sta con i residenti "Non si può demolire il Garage delle Nazioni"

Anna

Mangiarotti

Nel cuore del centro storico, dove l’incrollabile forza dei milanesi stava ricucendo le devastazioni della guerra, sorgeva il Garage delle Nazioni, in dialogo con la coetanea Torre Velasca. Distanti poche centinaia di metri, appena dietro corso di Porta Romana su lati opposti. Solo 4 piani fuori terra, il Garage, ma uguale simbolo di libera modernità. Fatto costruire dall’ingegner Aldo Meroni, storica famiglia imprenditoriale lombarda. Così censito dal Ministero della Cultura tra le architetture contemporanee: "Per le sue qualità estetico-rappresentative e per la riuscita sintesi tra esigenze formali e funzionali, realizzato su progetto di Antonio Cassi Ramelli tra 1953 e 1956, rappresenta ancora oggi un’architettura insuperata".

Persino i francesi ammettono l’eleganza del sistema di rampe distinte a doppia elica, per i percorsi di salita (blu) e discesa (rossa) delle auto: perfezione geometrica ineguagliata. Dal 2017 la società Lombardia Parcheggi, attuale proprietaria, intende demolirlo. "No, Cassi Ramelli è intoccabile - interviene Vittorio Sgarbi -, ha anche disegnato la ricostruzione del Teatro Lirico. E a Milano il Novecento è sacro. Nel mio ruolo di sottosegretario alla Cultura mi farò certo interprete dell’obbligo di tutela dell’edificio. Semplice obbligo di legge, non devo imporre di salvare la storia. C’è poco da discutere. Oltretutto, per Emanuela Carpani, neosoprintendente milanese all’Archeologia, belle arti e paesaggio, ho la massima stima". Nel ricordare che la famiglia Cassi Ramelli, al più, potrebbe appellarsi alla Presidenza della Repubblica, per far riconoscere il diritto d’autore, Sgarbi segnala pure un importante precedente: "A Milano il Garage Traversi di via Bagutta, dietro San Babila, è stato, sì, riqualificato da un marchio del lusso, lasciando però inalterata la struttura anni Trenta". Da ripulire, semmai, il Garage delle Nazioni. Lo auspicano i residenti, che nella solida architettura di servizi ricoverano le proprie vetture. E sono pronti a mobilitarsi con una raccolta di firme per impedirne la demolizione. A parte lo speciale “fastidio” causato dal lungo impatto dei lavori –rumore, inquinamento, CO2 in un momento di emergenza climatica – rivendicano la pubblica utilità dell’autorimessa. "I suoi 516 posti auto saranno ancor più necessari con l’evoluzione verso le auto elettriche (da ricaricare la notte) e con la destinazione del centro storico a loro uso esclusivo" avvisa Michele Sacerdoti, in una meticolosa ricostruzione dell’ancora controversa vicenda all’interno dei regolamenti edilizi ed urbanistici.

Che in definitiva interroga la responsabilità della politica: perché, in una zona già straservita di hotel, permettere di sostituire il Garage con un complesso prevalentemente alberghiero, dotato di un parcheggio di sei pianti interrato, per 222 posti auto, da scavare rischiosamente sotto la falda? Perché permettere d’innalzare una torre di 14 piani e un’altra di 9 piani, aumentando scandalosamente la volumetria: più di diecimila mq di slp (superficie lorda di pavimento) su un lotto di 3.600 mq? Corsari simpatici ai milanesi sono solo quelli della fantasia, genere Gaber, Jannacci, Cochi e Renato; che a far sognare hanno incominciato alla galleria La Muffola-Osteria dell’Oca d’oro, allora affiancate al Garage, in via Lentasio 5.