Gli investigatori dell’Antiterrorismo della Digos e gli agenti di frontiera di Malpensa lo hanno fermato nel tardo pomeriggio di lunedì, appena sceso da un volo partito da Istanbul e atterrato nello scalo varesino alle 17.45. L’aeroporto italiano, stando ai primi accertamenti investigativi, era solo una tappa intermedia per Mohammad Abedini, trentottenne iraniano con cittadinanza svizzera, che non risulta avere interessi nel nostro Paese. I poliziotti lo hanno comunque arrestato perché inseguito da un mandato di cattura spiccato dalle autorità giudiziarie degli Stati Uniti: Abedini e il quarantaduenne Mahdi Mohammad Sadeghi, a sua volta fermato nei giorni scorsi e già comparso in un tribunale del Massachusetts, sono accusati di aver cospirato contro gli Usa, esportando tecnologia sofisticatissima utilizzata dal Corpo delle guardie della rivoluzione islamica per compiere l’attentato che il 28 gennaio scorso ha ucciso tre militari (e ne ha feriti un’altra quarantina) all’avamposto "Tower 22" nel nord della Giordania.
Stando a quanto emerge dagli atti pubblicati sul sito del Dipartimento di giustizia Usa, Abedini è accusato di aver fatto parte di un’associazione per delinquere finalizzata alla violazione dell’International Emergency Economic Power Act e di aver fornito supporto materiale ai pasdaran di Teheran, fornendo loro il necessario per la costruzione dei droni killer. Nel corso del controllo, gli investigatori guidati dal dirigente Antonio Marotta e dal funzionario Beniamino Manganaro hanno perquisito i bagagli del trentottenne, "sequestrando componentistica elettronica compatibile con i reati contestati dalla Corte di Giustizia Statunitense, materiale documentale cartaceo, bancario-commerciale, di interesse investigativo e tre devices telefonici-informatici". Abedini è stato portato in carcere a Busto Arsizio, in vista delle procedure per l’estradizione; e il gip ha convalidato il provvedimento, disponendo la custodia cautelare in carcere. L’inchiesta portata avanti oltre Atlantico ha ricostruito i presunti ruoli di Sadeghi e Abedini.
Il primo, impiegato in un’azienda di microelettronica del Massachusetts, la "Us Company 1", sarebbe tra i fondatori di una ditta specializzata in sensori indossabili che forniscono monitoraggio cinetico per applicazioni di fitness. Il secondo, invece, avrebbe fondato una società di copertura elvetica, la Illumove sa, considerata dagli investigatori statunitesi un’impresa satellite dell’iraniana San’at Danesh Rahpooyan Aflak Co (Sdra), di cui il trentottenne sarebbe stato amministratore delegato. Di più: almeno dal 2014, Sdra avrebbe stipulato numerosi accordi con la sezione aerospaziale del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica, inclusi progetti per razzi guidati a distanza e sistemi di navigazione integrati; tra il 2021 e il 2022, si legge nelle carte, circa il 99% del giro d’affari legato al software Sepehr ha riguardato solo Sdra, che avrebbe sfruttato il programma avanzato per i droni d’attacco unidirezionali. Droni come quelli entrati in azione poco meno di un anno fa in Giordania.