ANDREA GIANNI
Cronaca

Robin Hood delle case popolari, sentenza ribaltata: assolti dall’accusa di associazione a delinquere

In Appello per i nove antagonisti restano in piedi gli addebiti relativi a reati minori. Gli avvocati: “Altro che rete criminale, fu solo solidarietà in uno dei quartieri più poveri nella città più ricca d’Italia”

12028236

Nel 2018 il blitz dei carabinieri contro il Comitato abitanti Giambellino Lorenteggio con 9 arresti

Milano, 7 dicembre 2024 – Cade l’accusa di associazione a delinquere per i nove antagonisti del Comitato abitanti Giambellino-Lorenteggio ribattezzati “Robin Hood delle case popolari” per le loro azioni contro gli sgomberi.

La Corte d’Appello di Milano li ha assolti con la formula “perché il fatto non sussiste” rideterminando le pene fino a un anno di reclusione per resistenza e altri reati minori. Un verdetto che ribalta la pesante sentenza di primo grado, che aveva visto condanne fino a 5 anni e 5 mesi, superiori anche alle richieste dell’accusa.

“75 indagati, 49 imputazioni, migliaia di intercettazioni e pedinamenti – spiegano gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, difensori degli antagonisti –. Dopo sei anni la sentenza della Corte d’Appello restituisce almeno un frammento di verità: non ci fu alcuna associazione per delinquere, solo una rete di solidarietà in un quartiere tra i più poveri della città più ricca d’Italia”.

Il collegio ha anche assolto gli imputati in merito ad alcuni episodi contestati oppure, in alcuni casi, ha dichiarato il non doversi procedere per prescrizione. Le indagini dei carabinieri furono avviate nel 2016 e sfociarono, nel 2018, negli arresti domiciliari per i nove imputati.

Secondo la ricostruzione emersa dall’inchiesta e dal capo di imputazione, il comitato non agiva per fini di lucro ma avrebbe avuto “uno scopo comune: una propagandata ‘giustizia sociale’ a tutela del diritto della casa, volta a creare una soluzione all’emergenza abitativa, parallela e contrapposta a quella offerta dalle Istituzioni”.

E gli imputati, si legge negli atti dell’indagine, si sarebbero adoperati “con mezzi leciti ed illeciti” per “impedire gli sgomberi di immobili abusivamente occupati” e per “combattere le Istituzioni a colpi di occupazioni” delle case popolari.

Un castello accusatorio che non ha retto nel processo d’appello. “Intanto il Comitato non esiste più – concludono i legali – e non esiste più la mensa popolare, il dopo scuola, l’ambulatorio, la scuola di calcio e di teatro. Quello che resta, irrisolto, è il problema abitativo. E le famiglie in attesa di una casa sono ancora in attesa”.