«Esito negativo». In Atm dirigenza e sindacati restano distanti. Gli incontri tenutisi dal 16 febbraio in avanti non hanno prodotto alcun riavvicinamento tra le parti. Secondo i rappresentanti dei lavoratori, da parte dell’azienda non è arrivata alcuna vera risposta sul tema ormai centrale dei bassi salari corrisposti soprattutto ai conducenti dei mezzi pubblici di superficie e del ricorso a contratti part-time anziché full time. Da qui la decisione di Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Faisa-Cisal, Ugl Autoferro e Orsa di passare alla seconda fase della procedura di raffreddamento – aperta e dichiarata proprio il 16 febbraio scorso – chiedendo un incontro in Prefettura, perché si trovi un’intesa sotto la mediazione del Prefetto. Un’eventualità non così scontata, quest’ultima. Per questo lo scenario di uno sciopero si fa sempre più concreto.
Ad annunciare l’esito negativo del confronto sono state le sigle sindacali con una nota congiunta nella quale si legge: "I punti discussi sono stati: incremento delle retribuzioni, trasformazione dei contratti da part time a full time, smart working, sicurezza del personale front line (vale a dire: agenti di stazione, controllori, addetti alla security ndr ), personale area ausiliari, personale area manutenzione e procedimenti disciplinari. Le proposte aziendali per superare questa critica fase sono state respinte dalle organizzazioni sindacali perché ancora lacunose e senza una chiara e concreta prospettiva. Le lavoratrici e i lavoratori del Gruppo Atm meritano risposte immediate soprattutto – rimarcano i sindacati – sull’incremento delle retribuzioni e della sicurezza al personale front line. Sarà avviata nelle prossime ore la seconda fase prevista dalle procedure di raffreddamento".
Giovanni Abimelech, segretario generale della Fit-Cisl Lombardia, era stato chiaro già dieci giorni fa: "Gli stipendi percepiti in Atm sono, ormai, stipendi da fame. Quello delle retribuzioni è sicuramente il problema principale, ma ce ne sono almeno altri due: i contratti part-time che restano tali anziché essere gradualmente trasformati in full time e la sicurezza, l’incolumità fisica dei lavoratori che stanno a contatto con i passeggeri. Il tutto in un’azienda che ha un’elevata produttività, senza pari in Italia e anche in buona parte d’Europa. E questo fa aumentare la nostra amarezza di fronte alle risposte del tutto insoddisfacenti arrivate da Atm in questi mesi".
Secondo quanto riferiscono i sindacati, il problema delle retribuzioni è generalizzato ma è particolarmente urgente per i conducenti dei mezzi di superficie: "Un autista con contratto full time guadagna 1.150 euro netti al mese – ha fatto sapere Abimelech –. Come si fa a campare con uno stipendio di questa entità, considerato il costo della vita a Milano?". «Negli ultimi anni – prosegue ora Abimelech – i conducenti Atm hanno perso in busta paga circa 400 euro. L’azienda fatica a trovare conducenti da assumere perché altrova si guadagna di più, in Atm, a differenza del passato, non vuole venire piùn nessuno". Che il trasporto pubblico locale sia in crisi di risorse, non sfugge: "Ma non è più possibile andare avanti con questa situazione, chi di dovere trovi tutte le risorse necessarie, come fatto in altri casi: non possono essere sempre i lavoratori a sacrificarsi. Così come si riesce a far fronte all’incremento dei costi dell’energia, si deve far fronte al sempre più basso potere d’acquisto dei salari".