NegriMa sì, abbiamo qualche autogrill per la testa, da un bel po’ di tempo. Come il ristagno di un miraggio. Direbbe un caro zio: è un posto pulito, illuminato bene. Certo che lo è: ce l’hanno allestito qualche anno fa a qualche chilometro da casa, troppa grazia. Autogrill piccolo ed essenziale, nuovo sulla nuova autostrada che va dalla Martesana al Catai. Dai remoti tempi del boom economico un autogrill sta lì a marcare un cielo più grande e distanze importanti, caffè, cappuccini, rustichelle e tutto il resto di un appetito viaggiante. Almeno per noi - che siamo stati bambini negli anni ’60 del Novecento e le aree di sosta autostradali le abbiamo viste nascere, crescere e moltiplicarsi - l’autogrill non è tanto una fermata nello spazio, quanto nel tempo. Un tempo sporto sul futuro, solo un po’. Come se noi abitassimo il martedì sera e l’autogrill fosse già al mercoledì mattina.
Eppure, quando fa scuro, nell’autogrill, specie se piccolo, si fa netta e quasi solida la solitudine degli uomini e delle cose, dal barista in bustina ai viaggiatori in sosta. Come nel celebre quadro di Edward Hopper, i Nottambuli (Nighthawks): nella luce netta del locale, due uomini e una donna, indifferenti, consumano qualcosa, senza un sorriso, davanti a un cameriere altrettanto spaiato e silente. La donna e l’uomo più vicino a lei dovrebbero essere una coppia appena un po’ sdrucita, anche se tra loro vaneggia il vuoto di uno strappo: lei con il rosso acido del suo vestito, coi suoi zigomi di bionda stanca; lui in giacca-cravatta-lobbia da gangster di sartoria. Una situazione americana, di molto tempo e molti chilometri fa. Ma capita anche qui e adesso. L’uomo è nervoso: “Ragazzo, a che punto del tempo siete arrivati qui dentro?”. “Di preciso non lo so, signore: più o meno a un sabato sera tardi”. “Ragazzo, perché non vedo prosciutto al pepe qua attorno? C’è sempre del prosciutto al pepe in un autogrill...”. “Non saprei, signore, qui non ne teniamo”. È un posto pulito, illuminato bene. Ma senza prosciutto: difficile farsene una ragione. “Domani comunque pioverà...” abbozza il barista con un pallido sorriso. A seguire, tre colpi di revolver.