ANDREA GIANNI
Cronaca

“La pistola nelle foto sui social? Solo finzione”. L’appello di Baby Gang: fatemi uscire dal carcere

Il trapper, 22 anni, si è detto vittima di una “ingiustizia”, perché “è come se si prendesse un attore che fa film di azione e lo si mettesse dentro per quello che fa nei film”

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Milano –  Il trapper Baby Gang, 22 anni, si è detto vittima di una "ingiustizia", perché "è come se si prendesse un attore che fa film di azione e lo si mettesse dentro per quello che fa nei film, senza capire che è tutta una finzione". Ha chiesto ai giudici di essere scarcerato, puntando appunto sulla "finzione" di quelle fotografie pubblicate su Instagram che lo ritraevano con in mano una pistola puntata verso l’obiettivo. Scatti che gli sono costati cari, con la revoca a fine aprile degli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico e il ritorno in carcere.

Il trapper da milioni di follower all’anagrafe Zaccaria Mouhib, ha chiesto quindi ai giudici del Tribunale del Riesame di Milano di essere scarcerato. Ieri, davanti al collegio Galli-Buzzanca-Alonge, l’avvocato Niccolò Vecchioni, legale del cantante, che era balzato in testa alle classifiche di streaming col suo ultimo album e che ha due condanne in primo grado per rapina e altri reati, ha discusso l’istanza di scarcerazione (la difesa chiede che torni ai domiciliari); i giudici si sono riservati, e decideranno nei prossimi giorni.

Quelle "fotografie", ha scritto il difensore nel ricorso, vanno "lette alla luce del loro significato simbolico e artistico" e "hanno come unico scopo quello di enfatizzare il carisma del trapper" per l’uscita dell’ultimo album. In più, il suo profilo Instagram non è "amministrato direttamente" da lui, ma dal suo manager che si occupa "dell’aspetto comunicativo e della gestione dei canali social".

Il legale, così come lo stesso trapper con le sue dichiarazioni in aula, ha chiarito che Baby Gang in quel periodo "ha sempre lavorato previa autorizzazione, era autorizzato a fare quei videoclip per promuovere l’album e anche il suo collaboratore che gestiva il suo profilo social era autorizzato a pubblicare i contenuti". Prima "mi è stato consentito di fare un’attività, dei video – ha spiegato il trapper – e poi quando li ho fatti mi sono stati contestati come una violazione" delle prescrizioni dei domiciliari. La pistola e la marijuana che comparivano nei video, ha ribadito il legale, "erano finti".