LAURA LANA
Cronaca

Bambini di 10 anni prendono sonniferi, tra crisi di ansia e disturbi alimentari

Vito Casalino della comunità San Giovanni Paolo II: “L’eccellenza diventa una malattia, tra i genitori assistiamo a tanti casi di iperclinicizzazioni”

"Pure i più piccoli, quinta elementare o prima media, assumono farmaci per addormentarsi e questo ci ha preoccupato"

"Pure i più piccoli, quinta elementare o prima media, assumono farmaci per addormentarsi e questo ci ha preoccupato"

Storie di ordinaria solitudine, “perché chiedere aiuto è segno di debolezza”. Le ha raccontate Vito Casalino, educatore della comunità pastorale San Giovanni II, da tre anni in servizio a Paderno. “Abbiamo osservato, soprattutto nelle gite, un aumento di crisi di ansia e panico. Pure i più piccoli, quinta elementare o prima media, assumono farmaci per addormentarsi e questo ci ha preoccupato. Anche i disturbi alimentari sono aumentati tantissimo”.

Spie di un disagio più profondo. “Molti ragazzi non guardano al futuro come facevamo noi alla loro età. Vediamo una crisi intima. Da parte dei genitori assistiamo a tanti casi di iperclinicizzazioni, alla ricerca spasmodica di certificazioni. E quando andiamo via capita spesso che inseriscano negli zaini geolocalizzatori all’insaputa dei figli”.

C’è poi quella che Casalino ha chiamato “la malattia dell’eccellenza, perché se raggiunta da pochi crea un esercito di falliti. Lavoriamo tanto su questo. A ogni piccola sconfitta i ragazzi si sentono devastati e distrutti, poco supportati e accompagnati. Si crea un problema di allontanamento dalle relazioni. Un isolamento sociale difficile da abbattere. Se stasera siamo qui insieme, istituzioni, scuole, professionisti, terzo settore è per traguardi nuovi e la speranza di un futuro in cui anche nelle difficoltà non si è soli. Avere speranza per dare speranza”.

Lo ha detto anche Antonella Caniato, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Allende, la scuola del piccolo Lorenzo e, prima, di Riccardo. “’Mi sentivo solo anche in mezzo agli altri, mi sentivo invisibile nonostante famiglia, scuola, sport’, ha detto Riccardo. Ci siamo interrogati tanto, anche mettendo in discussione il mondo della docenza: che tipo di rapporto abbiamo con famiglie, che capacità di ascolto, siamo solo diffusori di istruzione o possiamo provare a pensarci anche come educatori? Facciamo fatica ad avere la fiducia delle famiglie – ha ammesso Caniato –. Dobbiamo ricostruire un rapporto in ascolto. Il ragazzo deve essere centro di attenzione della comunità e non solo individualista: figlio e alunno sono la stessa persona e l’eventuale intervento andrebbe pensato insieme”.