Il più grande ha 6 anni. Il più piccolo poco più di uno. La loro esistenza è stata segnata finora da condizioni di vita al limite dell’umano, e di sicuro assolutamente incompatibili con la loro tenerissima età e con le attenzioni di cui hanno bisogno; improbabile che abbiano mai frequentato un nido o una materna e che qualcuno fin qui si sia preso cura di loro in modo adeguato. Ora, però, per cinque bambini costretti a dividersi una lercia baracca di un campo rom potrebbero aprirsi nuove prospettive: gli agenti del commissariato Quarto Oggiaro li hanno liberati dal tugurio in cui li hanno trovati e, col coordinamento della Procura per i minorenni, li hanno collocati in una struttura protetta.
Ecco i fatti. Martedì i poliziotti di via Satta effettuano uno dei consueti controlli in un insediamento di nomadi: in un capanno di lamiere e pezzi di legno, gli investigatori trovano un bambino e quattro bambine “in condizioni malsane e in una precaria situazione igienica, senza corrente elettrica e servizi igienici funzionanti”, ricostruisce una nota della Questura.
Le prime verifiche fanno emergere che i piccoli, privi di documenti, sono affidati a una quarantacinquenne romena: quest’ultima, dopo aver risposto in maniera evasiva alle prime domande degli agenti, spiega di “provvedere, chiedendo l’elemosina, al proprio sostentamento e a quello dei bambini”, che le sarebbero stati affidati da genitori finiti in carcere o momentaneamente all’estero.
Dopo aver ricostruito il più in fretta possibile la storia di quei bimbi, i poliziotti chiedono agli operatori del Pronto intervento minori del Comune di individuare rapidamente comunità idonee alla loro assistenza. I tecnici impiegano meno di 24 ore a trovarle. Così mercoledì mattina gli investigatori del commissariato si ripresentano al campo, ma non trovano né la donna né i bambini. Le ricerche scattano immediatamente e arrivano in breve tempo a conclusione: i cinque piccoli vengono intercettati in un parco all’estrema periferia della città e portati al pronto soccorso dell’ospedale Sacco, anche con l’ausilio dei ghisa, per essere sottoposti a controlli medici che ne valutino le condizioni fisiche.
Poi il trasferimento nelle strutture di accoglienza. Lontano, si spera sempre, da quell’inferno. L’operazione è stata condotta sulla base di quanto stabilito dall’articolo 403 del codice civile, che prevede “l’intervento in autonomia della pubblica autorità al fine di garantire la protezione e la sicurezza alle persone minori di età rispetto a pericoli gravi e immediati nell’attesa di provvedimenti da parte del Tribunale per i minorenni”.