
Banco do Brasil annuncia piano tagli
Trovate questo articolo all'interno della newsletter "Buongiorno Milano". Ogni giorno alle ore 7, dal lunedì al venerdì, gli iscritti alla community del «Giorno» riceveranno una newsletter dedicata alla città di Milano. Per la prima volta i lettori potranno scegliere un prodotto completo, che offre un’informazione dettagliata, arricchita da tanti contenuti personalizzati: oltre alle notizie locali, una guida sempre aggiornata per vivere in maniera nuova la propria città, consigli di lettura e molto altro. www.ilgiorno.it/
Milano - La Brexit o riorganizzazioni strategiche, strascichi di fusioni tra banche o risparmi di costi, riverberi di crisi scoppiate dall’altra parte del globo. Cause diverse ma un’unica conseguenza: la fuga di grandi istituti di credito esteri dalla capitale finanziaria italiana, sedi chiuse o ridimensionate ed esuberi per decisioni prese dall’altra parte del mondo, dal Canada al Sudamerica. Il caso Banco do Brasil ha un valore simbolico, non tanto per il numero di posti di lavoro in gioco, limitato rispetto ad altre realtà, ma per la gestione conflittuale dell’addio a Milano e per gli strascichi giudiziari di una vertenza che ha cercato di coinvolgere anche i sindacati d’oltreoceano. Il principale istituto di credito brasiliano ha deciso di accentrare tutte le sue attività in Europa nelle sedi di Vienna e Lisbona, dismettendo quindi gli uffici milanesi con una decina di dipendenti. Tre di loro sono stati licenziati in piena pandemia: uno, assistito dal sindacato First-Cisl, ha fatto causa ottenendo il reintegro da parte del Tribunale di Milano, che ha dichiarato nullo il licenziamento decretato più di sei mesi prima della cessazione dell’attività aziendale.
«La disciplina emergenziale – rileva il giudice – prevede un divieto assoluto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, che si inserisce in un quadro generale di interventi per contenere gli effetti negativi dell’emergenza sul sistema economico. Pertanto, ove l’attività non sia totalmente cessata e fino a che l’attività stessa non sia totalmente cessata, il datore di lavoro non può procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ma deve fare ricorso agli ammortizzatori sociali". Un verdetto "del lavoro per il lavoro", spiega il segretario generale della First Cisl Milano Metropoli, Marco Berselli. Intanto Banco do Brasil ha fatto i bagagli, scegliendo di gestire da remoto i suoi affari in Italia.
Un’altra fuga, questa volta con la Brexit sullo sfondo, è quella della britannica National Westminster (NatWest). Il personale in Italia era già stato dimezzato negli anni scorsi, da 80 a 40 dipendenti, e ora c’è stata una nuova cura dimagrante. Sono rimasti soltanto una quindicina di bancari, praticamente una semplice rappresentanza, mentre tutte le attività sono state concentrate a Londra. Per gli altri buonuscite, incentivi all’esodo e largo ricorso agli strumenti per favorire un’uscita volontaria. "Per Milano tutti questi ridimensionamenti che non sembrano legati a politiche dei nostri Governi ma più a fattori esterni significano anche una perdita di prestigio – sottolinea Berselli – un minor peso a livello internazionale". Una situazione monitorata attentamente dai sindacati è anche quella del colosso della finanza Jp Morgan, con i rumors di un possibile ridimensionamento in Italia. Ha già dato l’addio a Milano, invece, la Royal Bank of Canada (Rbc). In questo caso è una conseguenza della fusione Ubi-Intesa. Rbc era la banca depositaria di Ubi e con la fusione ha perso il grosso cliente che giustificava la presenza a Milano con un centinaio di dipendenti, quasi tutti italiani. Solo per una quarantina è arrivato il ricollocamento in Intesa.