Milano – Ore 7.11 del 19 dicembre scorso, bar Milano di piazza Angilberto II, al Corvetto. La porta a vetri si spalanca: entra un uomo alto circa un metro e settanta, il cappuccio calato sulla testa e una mascherina chirurgica ne coprono quasi completamente il volto. Il cliente si avvicina al bancone e chiede un caffè al proprietario Ruiming Wang, che tutti nel quartiere chiamano "Paolo". Il titolare prepara piattino e cucchiaino, ma l’altro si sposta verso destra; a quel punto, il trentacinquenne cinese ripete l’operazione, riposizionando piattino e cucchiaino davanti a lui: si muove con tranquillità, quella di chi conosce bene l’interlocutore e pensa di non avere nulla da temere.
All’improvviso, l’uomo tira fuori una pistola dalla borsa che regge con la mano sinistra e la punta verso Wang, che si porta le mani al petto sorridendo: evidentemente, l’interpretazione a posteriori degli inquirenti, crede che l’altro stia scherzando e che non ci sia nulla di minaccioso in quel gesto. L’altro non si ferma: toglie la sicura e punta ancora l’arma, stavolta in maniera ancor più decisa; prova a premere il grilletto, ma infila il dito nella fessura sbagliata. In quel momento, "Paolo" capisce che quell’uomo vuole sparargli e si volta per trovare riparo.
Troppo tardi: l’aggressore lo colpisce due volte a distanza ravvicinata. Il killer non si scompone: gira l’angolo del bancone e spara altre cinque volte. Non sono movenze da sicario ("Assestava i colpi non in modo rapido, ma intervallando ogni sparo con un attimo di riposo e spingendo il braccio in avanti a ogni colpo esploso"), ma gli atteggiamenti immortalati dalle telecamere paiono carpire un certo compiacimento per l’azione appena compiuta. Un ragazzo, appena uscito dal bagno del locale, è immobile davanti alla porta destra del bar: assiste impietrito all’intera scena, prima di uscire e allontanarsi in monopattino.
L’assassino neanche si accorge della sua presenza: si avvicina alla porta sinistra per andarsene, poi torna sui suoi passi e dà un’ultima occhiata a Wang, come per volersi accertare che sia morto. Quell’uomo, stando alle indagini della Squadra mobile, è Oronzo Pede, 73 anni, nativo della salentina Uggiano la Chiesa e residente a Casarile, ex imprenditore edile con due crac alle spalle e una situazione finanziaria pesantemente condizionata da investimenti sbagliati. Secondo gli investigatori della Omicidi, coordinati dall’aggiunto Laura Pedio e dal pm Bianca Baj Macario e guidati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Domenico Balsamo, è stato lui a uccidere il trentacinquenne cinese con un piano premeditato.
Lui che il giorno dopo si è ferito alla testa con la stessa arma per togliersi la vita, finendo all’Humanitas di Rozzano per la frattura della calotta cranica e restandoci fino al 14 gennaio: "Nel corso del ricovero – si legge nella cartella clinica – il paziente ha espresso la volontà di reiterare il gesto autolesionistico". Dopo i fatti, Pede è tornato in Puglia dagli unici parenti che ha. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Luca Milani, gli è stata notificata ieri nell’ospedale di Lecce, dove sta per essere sottoposto a un intervento chirurgico legato ai postumi del tentato suicidio: "Trattasi di soggetto – si legge nel provvedimento – in grado di organizzare e portare a compimento azioni estremamente violente, per ragioni che al momento non è stato ancora possibile decifrare".
Già. Perché ha sparato? Gli accertamenti sono ancora in corso, ma l’ipotesi più probabile al momento è che tutto sia nato da una questione economica tra i due, forse da un debito che il settantatreenne non era stato in grado di onorare e che avrebbe deciso di estinguere con la morte del creditore. Non è stato facile arrivare alla sua identificazione, nonostante si sia recato sul luogo del delitto con la sua Punto color grigio scuro: dalla visione delle telecamere non è stato possibile individuare la targa del veicolo.
Di conseguenza, i segugi della Mobile sono partiti da due elementi dell’auto che in Italia può contare su ben 389.200 esemplari: il paraurti posteriore con griglie, presente nelle versioni Hgt, Sporting e Sound, e i fanali posteriori utilizzati nel restyling delle Punto immatricolate tra il 2003 e il 2010. Da quei particolari gli agenti hanno ristretto il campo alle vetture di quei modelli revisionate in Lombardia, incrociando l’elenco dei proprietari con quello degli intestatari di pistole Tanfoglio calibro 9x21, della stessa marca di quella individuata dalla Scientifica come arma dell’assassino di piazza Angilberto II.
Risultato: Oronzo Pede, proprietario di una Punto immatricolata il 26 aprile 2005 e di una Tanfoglio Force 921 R, socio del Tiro a segno nazionale di Pavia dal 12 febbraio 2019 e titolare di porto d’armi per uso sportivo rilasciato il 21 ottobre 2019. Una persona "estremamente pericolosa" per il giudice: "Un soggetto ormai alla deriva, incapace di attribuire un valore alla vita umana".